Così il neo allenatore rossoblu alla conferenza stampa di presentazione questa mattina. “Cosenza è piazza affascinante. Non ho mai allenato al sud e questa è una bella sfida. Bisogna lavorare sul fattore psicologico della squadra e poi sul gruppo. Il Cosenza ha le carte in regola per salvarsi”.
Cosenza – Si è presentato alla stampa e alla città con tanta voglia di fare bene. Giorgio Roselli è un tecnico navigato, che ha girovagato in diverse piazze della Lega Pro seppure quasi sempre al nord. Dovrà guidare il Cosenza alla salvezza e portarlo fuori dal tunnel in cui i giocatori si sono ritrovati con le deludenti prestazioni delle prime 10 giornate. Si volta pagina, insomma, nella speranza di soffrire meno e iniziare a vedere risultati che possano portare il Cosenza a navigare in acque tranquille senza paura. Le sue prime parole sono chiare e dirette “Avevo il desiderio di guidare una piazza del sud, affascinane come Cosenza. Una piazza che ho sempre seguito quando era in Serie B. Ho accettato anche perché ho visto nel presidente Guarascio tanto entusiasmo. Lui sta facendo grandi cose per il Cosenza. Conosco tutti i giocatori della rosa, molti li ho avuti alle mie dipendenze. Ho seguito un paio di partite in TV del Cosenza e, da quello che ho visto, credo che questa squadra abbia tutte le capacità per salvarsi, che è poi l’obbiettivo prefissato in questa stagione della società, per poi costruire qualcosa di importante il prossimo anno. Sicuramente la squadra ha difficoltà psicologiche evidenti. Appena va sotto nel punteggio perde la bussola e la fiducia in se stessa. Allora dovrò cercare di lavorare principalmente su questi fattore e poi sulla crescita totale del gruppo”. Alla domanda se si senta un motivatore prima che un tecnico e se sia a Cosenza anche per questo motivo, lui risponde deciso: “L’allenatore deve saper fare tutto anche il motivatore oltre che il tattico o il preparatore fisico. Il calcio adesso è cambiato rispetto ai miei tempi e ai calciatori adesso si chiede di saper fare molte più cose e, di conseguenza, anche l’allenatore deve essere bravo a saper fare tutte queste cose, compresa quella di motivare una squadra”.
Non mi piace parlare moduli di gioco – “Questa del modulo è una prerogativa tutta italiana. All’estero c’è un modulo solo (in genere 4 4 2) e quello si porta avanti per tutto il campionato. Qui invece, durante la partita spesso ricorriamo a diversi moduli, cambiamo e modifichiamo. Io non ho mai pensato che un modulo sia migliore di un altro, ma ho sempre ragionato che un modulo che mia dia la possibilità di esaltare le caratteristiche di un giocatore, piuttosto che un altro, sia quello giusto. Sicuramente non mi piace snaturare la squadra o chiedere ad un giocatore di fare un ruolo non suo”.
L’aspetto psicologico della squadra – “Noi facciamo questo mestiere e se i giocatori non rendono la colpa è anche nostra. Devo essere io bravo a recuperali anche se spesso non si riesce a farlo con tutti i calciatori. Spesso i giocatori che per più partite rimangono in panchina, mollano psicologicamente ed è sempre un guaio, perché sono tutti ragazzi giovani e caratterialmente sono deboli. Ma far giocare tutti non si può e vanno avanti solo quelli che hanno il carattere forte, quelli che anche rimanendo in panchina due o tre partite, poi si fanno trovare subito pronti nel momento giusto. Purtroppo questa è la verità e funziona così. Nel calcio conta l’insieme delle cose: la mentalità, il gruppo e la coesione. Spesso le partite si vincono con un mezzo tiro in porta e si perde tirando 10 volte. Qui c’è solo da ricostruire la mentalità del gruppo”.
Torneremo a vedere al San Vito una squadra che gioca a calcio? – “Viene da se che una squadra forte costruisce più facilmente azioni di gioco e gli viene naturale essere propositiva, mentre una squadra più difensiva fa ovviamente fatica a costruire. Però, nell’arco di una partita, la squadra deve saper fare diverse cose: difendersi quando ce ne sia bisogno e attaccare quando ci sarà da farlo. L’importante è che la squadra, nel più breve tempo possibile, impari a fare bene le due fasi e a leggere la partita, che è poi il mio compito. Quando vedrete azioni brillanti, sarà sempre merito dei giocatori e non dell’allenatore, il cui compito è quello di metterli bene in campo e farli correre il meno possibile a vuoto, così che siano più lucidi nelle azioni. Sono convito di riuscire a farlo, anche se il tempo non ci da una mano e in questo dovrò essere bravo io”.
Occorrerà rinforzare la squadra torndando sul mercato? – “Come allenatore quasi mai ho scelto i giocatori, ma alleno quelli che la società mi mette a disposizione. Se poi sono bravi giocano, altrimenti no anzi, preferisco andarmene io lasciando la squadra. Detto questo, dico che non parlerò mai di mercato e lo farò solo con la società quando il mercato sarà aperto. Quindi per me i giocatori che ci sono vanno bene. Certo, se ci sono delle situazioni che si possono migliorare o tasselli che aiutano a completare qualcosa che ben venga, ma per ora si lavora con quello che c’è a disposizione e, ripeto, va bene così”.