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Il giornalista rapito racconta la sua Siria

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Il giornalista rapito racconta la sua Siria

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ROMA – Pro memoria al presidente Obama da parte dell’inviato speciale Domenico Quirico.

«Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana, ma può essere che questa rivoluzione mi abbia tradito. Non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa». La jihad integralista esportata in Siria grazie anche ad “amici” sospetti dell’occidente assetato di petrolio.  Attenzione dunque, spiega al mondo il valoroso collega, a distinguere oggi in Siria tra i buoni e i cattivi. Certe semplificazioni vanno forse riviste. Assad è certamente un despota e forse un massacratore con armi chimiche. Forse. Ma dall’altra parte, a guidare la rivolta siriana “non è più la rivoluzione laica di Aleppo”, ripete Domenico Quirico ai disattenti. In mezzo, a subire il martirio da parte di ambedue le fazioni combattenti, la popolazione disarmata, vittima predestinata di ogni guerra civile. So perché ho visto altrove ed è ormai sempre crudele regola: i villaggi o i quartieri che diventano campo di battaglia, e le appartenenze tribali o etniche o religiose come potenziale elemento per una condanna a morte. Bombe e missili lanciati da miglia e miglia potranno mai essere abbastanza intelligenti da distinguere tra i pochi buoni ed i molti cattivi? Colpisci le strutture militari di Assad e poi? Chi vorremmo realmente che vincesse? La Siria senza Assad è il sogno e la promessa. Ma al Qaeda al posto suo? Non è che i marziani sono sbarcati anche a Washington?

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