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Giovane detenuto morto nel carcere di Paola quindici giorni prima della scarcerazione
Il trentenne una volta libero intendeva tornare a casa per sposarsi, ma ufficialmente si sarebbe suicidato inalando uha bomboletta di gas.
PAOLA (CS) – “Chiederò subito al Ministero della Giustizia di disporre un’ispezione ministeriale presso la Casa Circondariale di Paola in ordine all’incredibile vicenda verificatasi col decesso del giovane detenuto marocchino”. Lo dichiara Emilio Enzo Quintieri, esponente dei Radicali Italiani, stigmatizzando pesantemente l’operato della locale Amministrazione Penitenziaria, annunciando anche che farà presentare un’interrogazione Parlamentare ai Ministri della Giustizia Andrea Orlando e degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni. Nei giorni scorsi, l’esponente radicale è stato rintracciato dai familiari del giovane marocchino morto nel carcere di Paola. Youssef Mouchine, detenuto nel penitenziario paolano aveva 30 anni ed era stato arrestato lo scorso mese di marzo dai Carabinieri a Lamezia Terme per espiare una pena di 11 mesi per reati comuni (furti ed altro). Da alcuni anni era residente nel Comune di Marostica in Provincia di Vicenza ove era agli arresti domiciliari e dove abitano anche i suoi parenti mentre i genitori vivono ad Ain Sebaa Casablanca in Marocco.
Gli mancavano quindici giorni da scontare prima di essere scarcerato e tornare in libertà. ma è deceduto nella notte tra il 23 ed 24 ottobre. La famiglia che vive in Marocco è stata informata del decesso del congiunto solo dopo diversi giorni dalla sua morte, violando l’Ordinamento Penitenziario e il Regolamento di Esecuzione che stabiliscono che in caso di decesso di un detenuto debba essere data immediata notizia ai familiari. Al papà gli è stato detto da una interprete araba, chiamata dalla Casa Circondariale, che il figlio era morto perché aveva inalato del gas da una bomboletta avvolgendosi la testa con un sacchetto di plastica. L’interprete, inoltre, chiedeva al Mouchine, se voleva che del funerale se ne occupasse l’Amministrazione Penitenziaria. Questi in risposta gli riferiva, espressamente, che la famiglia desiderava occuparsi del funerale per cui chiedeva di conoscere la procedura per la restituzione della salma. I familiari, oltre a cercare di contattare subito l’Autorità Consolare, inviavano subito un amico, italiano, presso il Carcere di Paola al fin di appurare se, realmente, il loro figlio fosse deceduto perché pensavano che fosse uno scherzo.
A questi veniva riferito che il Mouchine era deceduto il 26 ottobre cioè il giorno prima della telefonata, cosa non vera. Una serie di bugie, una dietro l’altra. Infatti, già al momento della telefonata da parte dell’interprete, il Mouchine era stato già sepolto presso il Cimitero del Comune di Paola, col nulla osta della Procura della Repubblica di Paola in persona del pm Fasano, dopo gli accertamenti necroscopici eseguiti da un Medico legale che fra 60 giorni dovrebbe depositare la relazione peritale. C’è da dire che il Pubblico Ministero, oltre ad aver disposto l’autopsia e l’acquisizione di atti e filmati delle telecamere di sorveglianza, ha chiesto alla Direzione del Carcere di conoscere se il detenuto aveva familiari e parenti o altre persone con le quali era in contatto, eventualmente anche per informarli della possibilità di nominare un proprio consulente di parte per partecipare alle operazioni autoptiche e per la restituzione della salma. Invece, e non si capisce il perché, pare che il Carcere abbia risposto negativamente chiedendo contestualmente all’Autorità Giudiziaria il nulla osta per il seppellimento a spese dell’Amministrazione. Diversamente, la salma, come prevede l’Ordinamento Penitenziario, avrebbe dovuto essere messa immediatamente a disposizione dei congiunti e solo qualora alla sepoltura non volessero provvedere i predetti, l’Amministrazione doveva farsene integralmente carico.
Per tale motivo, Larbi Mouchine, padre di Youssef, su consiglio del radicale Quintieri, ha nominato l’avvocato Manuela Gasparri del Foro di Paola, conferendole espressamente mandato di rivolgersi alla Procura della Repubblica di Paola, perché sia fatta piena luce sulla morte del figlio, non riuscendo a credere che si tratti di suicidio atteso che il fine pena era imminente e lui voleva tornare in Marocco per sposarsi ed anche perché durante le pochissime telefonate intercorse questi aveva lamentato di essere ripetutamente maltrattato, di essere messo in isolamento in cella liscia e costretto a dormire sul pavimento a causa delle sue rimostranze poiché non gli veniva consentito di corrispondere telefonicamente con la famiglia. Nella mattinata odierna, la cugina di Youssef, Zaineb Belaaouej, accompagnata dagli Avvocati Manuela Gasparri e Carmine Curatolo del Foro di Paola, si è recata presso la Procura della Repubblica di Paola ove ha avuto un colloquio con il Pubblico Ministero Fasano, raccontandole tutti i fatti di sua conoscenza. Nei prossimi giorni, si procederà ad inviare una dettagliata memoria scritta all’Ufficio di Procura nonché a sporgere denuncia contro l’Amministrazione Penitenziaria ed a citarla in giudizio per non aver tutelato la incolumità del loro congiunto. Tra l’altro, la Direzione della Casa Circondariale di Paola, non ha nemmeno risposto al Consolato Generale del Regno del Marocco di Palermo, competente anche per la Regione Calabria, il quale il 31 ottobre ha chiesto notizie sulla morte del proprio connazionale. I familiari chiederanno aiuto al Re Mohammed VI ed al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione del Regno del Marocco Salaheddine Mezouar.



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