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Bimbo morto a Campagnano, la testimonianza della mamma commuove l’aula

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Bimbo morto a Campagnano, la testimonianza della mamma commuove l’aula

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Continua il processo sulla morte del piccolo Giancarlo Esposito. Oggi in aula la testimonianza della madre: “Mi chiedo sempre se in quel momento avesse avuto bisogno di noi.”

 

COSENZA – Nessun genitore può mai rassegnarsi al dolore per la perdita del proprio figlio; il tempo, tuttavia, può aiutare a sopportarlo meglio. Ma, certamente, non è questo il caso della famiglia Esposito, che attende da anni di avere giustizia per la morte del proprio piccolo. Il tempo che passa, al contrario, aumenta il loro dolore nel non conoscere la verità su ciò che accadde veramente in quella piscina, nel maledetto 2 luglio del 2014. La storia è nota a tutti: quel giorno Giancarlo Esposito, il bimbo di soli quattro anni, lì perse la vita; annegò all’interno della piscina di Campagnano (nel cosiddetto programma “Kindergarden”). Oggi si è discussa una nuova udienza, presso il Tribunale di Cosenza, del processo sulla sua morte. A deporre è stata proprio la mamma di Giancarlo, che ha dovuto ripercorrerne il suo ultimo giorno di vita. Una ricostruzione commovente che ha toccato nel profondo l’animo di qualsiasi mamma o donna fosse presente in aula. Non certo perchè la testimonianza di un padre sia meno importante; ma la mamma è sempre la mamma – si sa – e sentire dalla madre di Giancarlo, ciò che ha visto e provato il giorno in cui ha dovuto dire addio al suo piccolo; avvicina più che mai alla sua sofferenza, la si sente propria.

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Sul banco degli imputati, con l’accusa di omicidio colposo, ci sono: Carmine Manna (legale rappresentante della società) e le educatrici Franca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove. Secondo l’accusa il piccolo sarebbe deceduto per “insufficienza respiratoria acuta conseguente ad asfissia meccanica, violenta e primitiva, determinata da annegamento in acqua dolce (piscina)“. Parole confermate, nell’udienza passata, dal professor Francesco Vinci, dell’Università di Bari: “la morte è avvenuta per annegamento. Il quadro autoptico – disse lo scorso gennaio – è chiarissimo. Si tratta di un decesso per enfisema asfittico. Nei polmoni era presente del liquido, gli esami che abbiamo fatto hanno certificato l’inalazione di acqua dolce. Quindi si può dire che il bambino ha sicuramente inalato dell’acqua“. Oggi, invece, è stata ascoltata Alessandra Gozzi, la mamma di Giancarlo. Il racconto ha ricostruito il 2 luglio 2014, da quando il bimbo venne accompagnato in piscina; fino alla tragica notizia e la corsa in Ospedale. 

Famiglia Esposito“Ho lasciato Giancarlo – ha dichiarato Alessandra – in fila indiana, insieme agli altri bimbi. Non ci chiesero nulla, solo a lui direttamente se sapesse nuotare. La signora Franca Manna, quella mattina, alle mie raccomandazioni mi disse che ero troppo apprensiva e di stare tranquilla perché lei faceva questo lavoro da 20 anni. Sui dispositivi di sicurezza mi hanno detto che avrebbero usato solo i braccioli. Poi sono andata via appena è entrato. Mi hanno telefonato dopo un’ora dicendomi che il bambino stava male e di correre in ospedale. Ho fatto più veloce possibile. Non mi facevano entrare nella stanza del pronto soccorso, ma vedevo tutti piangere e sentivo dire che aveva bevuto acqua. Quando sono riuscita a vederlo per qualche minuto Giancarlo era cianotico. Non ho notato se il costume fosse sporco e non ricordo se lui fosse bagnato.” Poi lo shock, l’incredulità e la rassegnazione che nulla si poteva più fare per salvarlo. Da allora mamma e papà Esposito vivono seguiti da uno psicologo e psicoterapeuta, hanno cambiato persino casa (così come raccontato dalla madre), perchè il ricordo era dilaniante. “Non riuscivo a vedere le sue cose in giro per casa, come il suo pigiamino. Per molto tempo non sono riuscita ad andare a lavoro e tremo ogni volta squilla il telefono. Mi chiedo sempre se in quel momento avesse avuto bisogno di noi“.

Alessandra Esposito, rispondendo alle domande dell’avvocato di famiglia Francesco Chiaia, ha poi ricordato che, una settimana dopo la morte del figlio, arrivò la lettera di condoglianze di Carmine Manna, dicendosi “addolorato per quanto accaduto”. Fatto sta che, nonostante il “dolore” del proprietario della piscina, questa non è stata chiusa neanche un giorno dopo la tragedia. Il giudice ha chiesto l’acquisizione della lettera. Infine sono stati chiamati al banco lo psicologo Amedeo Pingitore (che ha seguito la zia del piccolo) e Michelangelo D’Ambrosio, il perito che ha visionato le immagini di videosorveglianza della piscina. “Le immagini non erano di qualità – ha dichiarato – in quanto il sistema era datato; per cui abbiamo rilevato ciò che si poteva. Comunque si vedeva che i bambini sono stati accompagnati alle panchine da due adulti, ma non si può dire chi fossero.” Anche per il video, il giudice ha richiesto l’acquisizione. Il processo proseguirà il prossimo 12 aprile.

 

 

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