L’uomo ora ha richiesto allo Stato un risarcimento di 516 mila euro per l’ingiusta detenzione e un altro risarcimento, da quantificare, per il fallimento della sua azienda.
REGGIO CALABRIA – In carcere da innocente, oltre tre anni dietro le sbarre; un’azienda fallita che fruttava migliaia di euro e impiegava 60 dipendenti: questa è l’amara vicenda vissuta da Vincenzo Galimi, accusato di essere vicino alle famiglie di ‘ndrangheta del suo territorio; oggi invece risultato innocente. A stabilirlo due sentenze, divenute definitive e proprio per questo l’uomo chiede un risarcimento allo Stato per la sua ingiusta detenzione. Il suo avvocato Domenico Putrino ha richiesto un risarcimento di 516 mila euro (il tetto massimo previsto dalla legge). Mentre sarà compito dei periti, nominati dalla difesa, stabilire l’entità esatta dell’importo da richiedere allo Stato per quanto riguarda il fallimento delle due aziende di proprietà Galimi. Perchè insieme a Vincenzo è stato, anche, accusato il fratello Pasquale Galimi, ora assolto da ogni accusa, che ha richiesto la stessa somma di risarcimento. Per le aziende, il risarcimento è ancora da quantificare ma una è fallita nel corso degli anni a causa degli amministratori giudiziari, l’altra è sepolta dai debiti.
Nel corso del processo viene chiamato a testimoniare l’imprenditore e testimone di giustizia Gaetano Saffioti (per il quale nacque il processo denominato “Tallone d’Achille”, grazie alla sua ribellione alle imposizioni del clan Gallico, negli anni ’90, denunciando estorsioni ed estortori). Il collaboratore di giustizia scagiona entrambi i fratelli Galimi, affermando che i due non erano collegati alla ‘ndrangheta. Vincenzo Galimi viene assolto in primo grado dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e intestazione fittizia di beni. Il giorno stesso della sentenza, la Corte d’assise di Palmi dispone la restituzione ai Galimi dell’intero patrimonio aziendale, del quale tuttavia resta poco e niente. Arriva anche l’assoluzione in secondo grado, ma in questo caso la Procura generale della Corte d’appello di Reggio Calabria decide di non impugnare il provvedimento. La custodia cautelare di 3 anni in carcere disposta per Vincenzo Galimi, imposta dal Tribunale in primo grado, viene revocata. Oggi l’assoluzione definitiva e la richiesta di entrambi i fratelli di risarcimento di 516 mila euro ciascuno, per la detenzione di tre anni di carcere, senza avere nessuna colpa.
