L’ex avvocato interviene sul dossier che la Curia di Napoli valuterà informando le Diocesi interessate e spiega il perché della sua inchiesta: “Non ne traggo alcun profitto ma lo faccio per dare visibilità ad una battaglia civile, sociale e politica di libertà e di progresso”.
COSENZA – Francesco Mangiacapra ha fatto emergere uno spaccato importante con il suo dossier arrivato la scorsa settimana anche alla Cancelleria della Curia Arcivescovile di Napoli che, con un comunicato ha assicurato: “tutto il materiale verrà opportunamente esaminato per essere trasmesso alle Diocesi interessate per le eventuali necessarie valutazioni”. Dossier che contiene nomi, cognomi, telefoni, contatti, fatti e soprattutto prove, nel quale l’ex avvocato e gigolò denuncia i numerosi casi di omosessualità che vedono coinvolti sacerdoti, religiosi e anche seminaristi di diverse diocesi italiane tra cui, come abbiamo già descritto, quella di Cosenza-Bisignano. Oltre 1.200 pagine che svelano una rete ‘hot’ di preti gay da Roma a Catania E i due preti di cui abbiamo già raccontato attraverso le chat sono inseriti in quel dossier così come altri religiosi calabresi di cui daremo conto in seguito. Dai numerosi commenti sulla rete sono emersi in particolare due aspetti su tutta questa vicenda. Il primo riguarderebbe una certa ‘normalità’ con la quale le persone giudicano questi comportamenti. L’altro è stato il puntare il dito contro Francesco Mangiacapra accusato da molti, di volersi fare solo pubblicità. Ed è per questo motivo che lo stesso gigolò è stato intervistato ai microfoni di Rlb, nella trasmissione Informattiva, al fine di discutere e rispondere a queste domande e per ribadire ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, il vero obiettivo del suo dossier in cui ha “schedato” oltre cinquanta tra sacerdoti e seminaristi viziosi; da quelli che si intrattengono con altre uomini sulle chat, a quelli che partecipano ad orge e festini fino a chi organizza incontri con gigolò a pagamento.
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“Necessario interrogarsi sull’autenticità della vocazione”
“No, non è questo il problema. Semmai è legato ad una questione di ipocrisia di queste persone che dovrebbero fare “mea culpa” ed invece ogni giorno continuano ad autoassolversi e a sentirsi in pace con loro stessi e ad indicare persone uguali a loro, come diverse. Continuano a detrarre diritti e libertà alle persone pur usufruendone segretamente. Dovremmo interrogarci tutti sull’utilità del celibato del clero. La religione cattolica e apostolica romana – spiega Mangiacapra – è l’unica che impone ai propri ministri di culto il celibato e non dalla nascita di Cristo, ma nei secoli successivi. Lo fa evidentemente, per impedire al clero di lasciare i propri beni ai figli piuttosto che alla Chiesa. Non è noto a tutti infatti, che alcuni Papi erano figli di altri Papi. Vorrei far capire che solo una persona che vive in pace con se stessa la propria libertà sessuale, può insegnare un messaggio al prossimo, certamente meglio di chi la reprime. E’ anche un modo per interrogarci sull’autencitità della vocazione perchè il sacerdote, a differenza dei ‘normali’ padri di famiglia ha un ruolo sociale, e gli viene riconosciuta un’autorità morale diversa e più cogente. Non si può dire che il prete, rispetto al padre di famiglia, deve dar conto solo a se stesso perchè il prete indossa un abito e questo abito non si dismette togliendosi il colletto ad uso e consumo della propria ipocrisia”.
“Voglio solo contribuire ad estirpare il marcio”
Un lavoro meticoloso, con nomi, cognomi e parrocchie di riferimento indirizzato alle varie curie affinchè prendano provvedimenti urgenti sulla condotta di questi “uomini di Chiesa” i cui comportamenti “rischiano di infangare anche chi è coerente con la propria vocazione”. “Io voglio solo contribuire ad estirpare il marcio che contaminerebbe tutto quanto c’è di integro” dimostrando che la condotta sessuale di questi preti è abituale, reiterata e quasi sempre tollerata dai vertici della Chiesa”.
