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Caso di presunta malasanità, muore bimba di 4 anni

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Tre accessi al Ps pediatrico dell’Annunziata a dicembre 2017, due ricoveri a gennaio 2018 e la corsa disperata al Gemelli a Roma dove la bambina muore dopo 36 ore dall’arrivo

Cosenza – La morte risale a febbraio 2018 presso il reparto Pediatrico di terapia intensiva dell’ospedale universitario Agostino Gemelli a Roma, dove la bambina giunge in condizioni disperate. La morte sarebbe riconducibile ai postumi di una presunta bronco polmonite. A presentare formale denuncia i genitori. Lo “scricciolo”, che da poco aveva compiuto 4 anni, decide di volare via e  lasciare mamma e papà la mattina del 2 febbraio, dopo il trasporto urgente effettuato in elisoccorso il 31 gennaio. I genitori vogliono giustizia per la morte della figlia ed espongono i fatti, raccontando il lungo e doloroso tunnel che hanno dovuto attraversare. La bimba affetta da sindrome di Down era anche cardiopatia. In merito a questo, fu sottoposta ad una serie di interventi nei primi 4 mesi di vita presso l’Ospedale Pediatrico Gaslini. Tutto riuscì con successo e la bimba si sottoponeva a regolari controlli annuali.

Nel mese di Dicembre 2017 la piccola viene colta da crisi respiratore. Aveva manifestato bronco spasmi. I genitori si recarono in pronto soccorso pediatrico dell’Annunziata di Cosenza, solo nel mese di dicembre, per ben tre volte. Al primo accesso le viene somministrato adrenalina e bentalan e poi dimessa con una cura di farmaci da effettuare via aerosol. Ma tornati a casa, dopo pochi giorni, la bambina viene assalita da febbre alta e difficoltà respiratorie. I genitori decidono di recarsi nuovamente in Pronto soccorso dove la bambina viene sottoposta a tre trattamenti farmacologici tramite aerosol per poi procedere ad una nuova dimissione con la prescrizione della stessa cura medica già applicata nel primo accesso in Pronto soccorso, qualche giorno prima. Dopo pochi giorni nuovamente i genitori, per gli stessi sintomi, sono costretti a recarsi in ospedale dove alla bambina viene ripetuto nuovamente lo stesso trattamento sanitario prima di essere dimessa e senza essere sottoposta ad alcuna indagine diagnostica.

Il primo ricovero avviene il 7 gennaio scorso; la piccola paziente viene trattenuta in ospedale, nel reparto di pediatria per ben 4 giorni. La causa: difficoltà respiratorie e febbre alta. Una radiografia al torace evidenzia ad un polmone, un piccolo focolaio di bronco polmonite. Alla bambina fu somministrato l’ossigeno e i normali farmaci a cui era stata sottoposta nei precedenti accessi in pronto soccorso. L’11 gennaio, in fase di dimissioni, i sanitari assicurarono ai genitori che la bambina stava bene. In realtà la madre percepisce che non è così e chiede ad un medico del reparto di poterla sottoporre ad una nuova radiografia. Richiesta negata, perchè per i sanitari la bambina sta bene ed è inutile esporla ad ulteriori radiazioni. Quattro giorni dopo la bambina presenta nuovamente gli stessi sintomi e i genitori sono costretti a ritornare in ospedale. E a questo punto che la situazione inizia a precipitare. Un ricovero durato 10 giorni in cui la bimba è sottoposta ad ossigeno terapia per quattro giorni. La madre in fase di denuncia racconta che la figlia peggiora, non si regge più in piedi e mangia poco, nonostante i medici continuassero ad asserire che fosse migliorata. Una radiografia toracica, secondo i sanitari, dimostra il lieve miglioramento. Il 25 gennaio una nuova dimissione. A niente sono valse le richieste dei genitori di ulteriori indagini.

E a distanza di circa 24 ore la bambina deve ritornare in ospedale perchè colpita da febbre alta e violente crisi respiratorie. Questa volta la bambina è stata presa immediatamente in cura, perchè le condizioni erano gravissime. Tra i vari medici che l’hanno visitata erano presenti anche due rianimatori. Il 27 gennaio viene sottoposta a tac e visita cardiologica. La Tac dà esito positivo con una bronco polmonite estesa ad entrambi i polmoni. La visita cardiologica presenta esito negativo: il cuore è sano. Dal momento del suo “ultimo ingresso”, la bambina è sottoposta costantemente alla somministrazione di ossigeno denominato “ad alti flussi”. I genitori hanno chiesto il trasferimento in un ospedale specializzato ma i sanitari hanno chiesto di pazientare, perchè le condizioni sono in miglioramento. Ma trascorsi altri due giorni la bambina versa ancora in condizioni gravissime. Condizioni riconosciute dagli stessi sanitari. I genitori richiedono nuovamente un trasferimento al Bambin Gesù a Roma o ad altro ospedale specialistico. Il primario del reparto di Pediatria – secondo le dichiarazioni rese dai genitori – avrebbe spiegato che per prassi prima di chiedere il trasferimento si deve eseguire sulla bambina una broncoscopia; ma, considerata l’estrema difficoltà nell’esecuzione, di fatto non viene eseguita.

Il 30 gennaio viene data comunicazione ai genitori di preparare i bagagli perchè era stato disposto il trasferimento della paziente al Bambin Gesù o ad altro ospedale. Ma al Bambin Gesù posti letto liberi non ce ne sono e le ricerche si estendono ad altri nosocomi. Nel frattempo le condizioni della bambina sono gravissime. La bambina ancora a Cosenza, all’Annunziata, viene trasferita in rianimazione perchè non riesce più a respirare sola, nonostante l’ossigeno abbia una saturazione al 100%. I medici del reparto di rianimazione eseguono una nuova indagine radiologica che conferma ormai le gravissime condizioni in cui versa la bambina. Nonostante questo dato certo e disperato i rianimatori sono riusciti a stabilizzare la respirazione. Finalmente arriva la notizia del trasferimento presso il Gemelli a Roma. Il reparto di pediatria intensiva dispone di una macchina cardio – polmonare. Dal Gemelli le notizie non sono buone. I genitori vengono informati delle condizioni disperate e non lasciano spazio ad alcuna speranza. Infatti, dopo 36 ore “scricciolo” vola via.

Il corpo della bimba è stato poi sottoposto ad autopsia e quasi certamente il medico o i medici legali, nominati dalla Procura avranno dato un tempo per consegnare la consulenza. Un parere che potrà andare dai due ai tre mesi. Al momento, dunque, rimane un caso di presunta malasanità per il quale, presto, dovrebbero sciogliere i nodi ed identificare i responsabili. Di certo non si potrà sciogliere il nodo di dolore dei genitori nei confronti della perdita di “scricciolo”

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