I nati nel 2020, anno nel quale prima dell’emergenza Covid erano previste 432mila nascite, potrebbero diminuire a 426mila. E nel 2021 potrebbe andare ancora peggio: il numero potrebbe ulteriormente ridursi
ROMA – La rapida caduta della natalità potrebbe subire un’ulteriore accelerazione nel periodo post-Covid”. Lo rileva l’Istat nel Rapporto annuale. “Recenti simulazioni, che tengono conto del clima di incertezza e paura associato alla pandemia in atto, mettono in luce un suo primo effetto nell’immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10 mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021“. È la prospettiva peggiora se si tiene conto dello shock sull’occupazione. I nati nel 2020, anno per cui prima dell’emergenza Covid erano previste 432 mila nascite (rispetto alle 435 mila del 2019) potrebbero diminuire a 426 mila. E nel 2021 potrebbe andare ancora peggio: il numero potrebbe ulteriormente ridursi a 396 mila.
Tutto questo mentre gli italiani sognano un numero di figli maggiore di quello che hanno nella realtà. “Ben il 46% degli italiani desidera avere due figli. Il 21,9% tre o più. Solo il 5,5% ne desidera uno. Le aspettative sulla capacità riproduttiva si abbassano a partire dai 40 anni, quando diventa più alta, seppure non maggioritaria, la quota di coloro che ne vogliono solamente uno (20,8 per cento tra 40 e 44 anni). Alto è anche il numero degli indecisi: il 25,4% esprime un desiderio di maternità o paternità senza però saper indicare il numero di figli desiderato”, prosegue l’Istituto.
Quindi, “escludendo quanti non sanno indicare un numero desiderato di figli, la famiglia con due figli è il modello indicato dal 62,6% delle persone che hanno le idee chiare su quanti figli vorrebbero. Si tratta di un dato ormai strutturale, assolutamente in linea con quello rilevato nel 2003, a sottolineare la persistenza del un modello ideale della famiglia con due figli che appare consolidato anche a fronte del costante calo della fecondità reale”, conclude l’Istat.
Principali preoccupazioni: liquidità e occupazione
La preoccupazione principale degli italiani rispetto all’eventualità di farsi una famiglia è ovviamente legata all’occupazione e alla liquidità. “Il problema del reperimento della liquidità è molto diffuso, i contraccolpi sugli investimenti, segnalati da una impresa su otto, rischiano di costituire un ulteriore freno ed è anche preoccupante che il 12% delle imprese sia propensa a ridurre l’input di lavoro“, si legge sempre nel rapporto Istat.
Crescono le disuguaglianze
“L’epidemia ha colpito maggiormente le persone più vulnerabili, acuendo al contempo le significative disuguaglianze che affliggono il nostro Paese, come testimoniano i differenziali sociali riscontrabili nell’eccesso di mortalità causato dal Covid-19. Sono infatti le persone con titolo di studio più basso a sperimentare livelli di mortalità più elevati”. E’ quanto si legge nel rapporto annuale 2020 dell’Istat. “Nel marzo 2020 e, in particolare, nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia, oltre a un generalizzato aumento della mortalità totale, si osservano maggiori incrementi dei tassi di mortalità, in termini tanto di variazione assoluta quanto relativa, nelle fasce di popolazione più svantaggiate, quelle che già sperimentavano, anche prima della epidemia, i livelli di mortalità più elevati. Uno scarso livello di istruzione, povertà, disoccupazione e lavori precari influiscono negativamente sulla salute e sono correlati al rischio di insorgenza di molte malattie (ad esempio quelle cardiovascolari, il diabete, le malattie croniche delle basse vie respiratorie e alcuni tumori), che potrebbero aumentare il rischio di contrarre il covid e il relativo rischio di morte”.
A causa delle scuole chiuse 853 mila famiglie in difficoltà
La chiusura delle scuole pesa su 853 mila famiglie che fanno fatica a conciliare i tempi di vita e lavoro. A essere più penalizzate sono il 38% delle madri, costrette a modificare gli orari del proprio impiego. La didattica a distanza può produrre delle disuguaglianze. E’ quanto emerge dal rapporto annuale dell’Istat. “La chiusura delle scuole imposta dall’emergenza epidemica può produrre un aumento delle diseguaglianze tra i bambini: nel biennio 2018-2019 il 12,3% dei minori di 6-17 anni (pari a 850mila) non ha un pc né un tablet ma la quota sale al 19% nel Mezzogiorno (7,5% nel Nord e 10,9% nel Centro). Lo svantaggio aumenta se combinato con lo status socio-economico: non possiede pc o tablet oltre un terzo dei ragazzi che vivono nel Mezzogiorno in famiglie con basso livello di istruzione”, si legge.
