REGGIO CALABRIA – La Corte di Cassazione ha chiuso il processo legato all’agguato di ‘ndrangheta avvenuto a Gallico, nella periferia nord di Reggio Calabria, di Giuseppe Canale. Un delitto che ha rappresentato la vendetta per l’attentato in cui morì, nel settembre del 2010, il boss Mimmo Chirico, da poco uscito dal carcere. È diventata definitiva la sentenza emessa nell’ottobre 2020 dalla Corte d’assise d’appello che aveva condannato a 30 anni gli imputati accusati di avere ordinato, organizzato ed eseguito il delitto.
Si tratta di Antonino Crupi (genero del boss Mimmo Chirico), Domenico Marcianò detto “Briscola”, Giuseppe Germanò, Sergio Iannò, Filippo Giordano detto “Scaramacai”, il sicario Cristian Loielo e Salvatore Callea. Il ricorso di quest’ultimo è stato dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte così come quello dei due pentiti Diego Zappia e Nicola Figliuzzi ai quali sono stati riconosciuti i benefici previsti per i collaboratori di giustizia e per questo sono stati condannati, rispettivamente, a 10 anni ed a 10 anni e 8 mesi di reclusione.
I ricorsi presentati dagli altri imputati, invece, sono stati rigettati dalla Cassazione che così ha messo il sigillo ai 30 anni di carcere inflitti dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria. Il pentito Figliuzzi, originario del vibonese, stando all’impianto accusatorio dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Amerio, sarebbe stato uno dei due sicari assoldati dalle cosche di Gallico attraverso Salvatore Callea, una sorta di broker dei killer disposti a sparare per poche migliaia di euro.
