Domani alle 10.45 si svolgerà la processione con le icone che si trovano in chiesa e con quelle portate dai fedeli dalle loro case.
COSENZA – L’icona deve introdurre in un mondo che è quello dell’Altro, del celeste, del trascendente, e perciò non può servirsi di oggetti conservati nella loro mondanità. La sacralità dell’immagine esige che non venga riprodotta la realtà naturale quale essa è o appare all’occhio carnale, ma che l’oggetto rappresentato sia segno dell’immagine e somiglianza archetipe, attingibili solo all’occhio purificato dall’immersione battesimale, nella Resurrezione e nella Pentecoste. L’arte dell’iconografo è semplicemente impensabile al di fuori di una tradizione normativa rigorosa. Il modello dell’icona è fisso perché esprime la fede ecclesiale, oggettiva e comunitaria dalla quale scaturisce.
Ciò non vuol dire che un vero iconografo non abbia anche un suo stile, tanto più inconfondibile quanto più egli è grande. Le icone, pur nella differenza degli stili, percepibili e classificabili per personalità e scuole, sono in ultima analisi tutte un’unica icona ri-presentata infinite volte, sempre individuale ma sempre la stessa, epifania del Modello divino. Il vero pittore-scrittore di icone si prepara al suo servizio nella preghiera e nel digiuno e l’accompagna con l’orazione costante. Destinata a suscitare la contemplazione, l’icona deve nascere dalla contemplazione. È inimmaginabile che si vada alla ricerca di modelli o addirittura che si miri ad esprimere se stesso.
