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Licenziamenti al San Raffaele, lavoratori manganellati
MILANO – “Chiediamo lavoro, ci danno polizia”.
Alta tensione ieri mattina all’ospedale San Raffaele di Milano tra polizia e un’ottantina di lavoratori che si sono fronteggiati all’accettazione bloccata dalla forze dell’ordine dopo le occupazioni del 15 aprile: tra i dipendenti ci sono stati due contusi, poi portati al vicino pronto soccorso con un collarino.
Altri 13 lavoratori sono saliti sul tetto dell’ospedale, da cui sono scesi solo dopo le 19, per richiedere l’intervento della regione Lombardia per far riaprire la trattativa con le parti in causa e bloccare i licenziamenti.
La protesta è infatti nata dopo l’invio da parte dell’azienda di una quarantina di lettere di licenziamento, col rischio che ne giungano altre 200.
«Tenteremo ancora di entrare e occupare l’accettazione, con una forma diversa, se ci riusciamo, anche se la polizia rimarrà a presidiare probabilmente fino alle 18 di questo pomeriggio, quando l’accettazione chiuderà», ha spiegato Daniela Rottoli, coordinatrice dell’Rsu del San Raffaele.
Negli ultimi mesi la trattativa tra azienda e sindacati è del tutto naufragata dopo il referendum dei lavoratori, che aveva bocciato l’ipotesi di accordo siglato al ministero del Lavoro, e la mediazione tentata dal prefetto di Milano. Ma dopo l’arrivo delle lettere di licenziamento, la tensione è tornata a salire negli ultimi giorni. Il fronte sindacale del San Raffaele si è spaccato, con le sigle di base dell’Rsu, più intransigenti, e i confederali più disponibili a trattare e propensi a chiedere gli ammortizzatori sociali. Tornando alla cronaca della giornata, dopo gli scontri, il tentativo di bloccare l’accettazione, e la salita sul tetto dei 13 lavoratori, c’è stato l’intervento della Regione Lombardia. In particolare una delegazione del gruppo consiliare della Lista Ambrosoli, composta dallo stesso Ambrosoli, Lucia Castellano e Paolo Micheli, ha fatto visita ai lavoratori in presidio, assicurando il proprio impegno ad una mediazione della Regione tra le parti in causa.
La decisione del sindacato di bloccare il funzionamento dell’ accettazione (dove ora sono state bloccate le porte), costringendo di fatto i colleghi che vi lavorano ad andarsene, è stata presa «per dimostrare che senza quei lavoratori, come gli altri che vogliono licenziare, l’ospedale è destinato a fallire. Molti colleghi che lavorano in accettazione sono stati d’accordo con questa forma di protesta, altri no».
I pazienti e le persone che si sono recati all’ospedale il 16 aprile per fare visite ed esami sono stati fatti andare direttamente nei reparti di destinazione, senza passare per l’accettazione.



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