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Morti per andare a raccogliere fragole: “Chi è Stato?”
COSENZA – L’ennesima strage. Le ennesime vittime.
Un’altra triste pagina della storia della statale della morte che lascia attoniti per la ‘normalità’ con la quale ormai da diversi lustri si assiste inermi agli ‘eccidi’ provocati da appalti eseguiti non proprio a regola d’arte. Ma chi doveva vigilare? Perché nonostante tutto la statale jonica continua ad essere teatro di sangue? Due lavoratori migranti Marcel Mocan, 44 anni, e Doru Badu, 42, hanno perso la vita ieri in un terribile incidente avvenuto a Trebisacce, nei pressi di contrada Pagliara. Erano circa le 3 del mattino quando il furgone sul quale viaggiavano insieme ad altre 7 persone (rumeni e bulgari) ha perso il controllo, forse a causa dello scoppio di un pneumatico, e si schiantato contro il guard-rail. Il mezzo prima di arrestare la sua corsa è carambolato più volte sulla strada e il bilancio è stato gravissimo: 2 morti 7 feriti. I primi ad intervenire sarebbero stati i residenti di contrada Pagliara sobbalzati dal letto per il fracasso delle lamiere del mezzo. Lo scenario che si sono trovati di fronte è stato agghiacciante: urla e pianti di chi è riuscito a salvarsi e che implorava i due amici ormai senza vita.
Sulla vicenda è intervenuto Fabio Pugliese, autore di “Chi è Stato?”, il primo libro scritto sulla “strada della morte”: “Perdono la vita due uomini – probabilmente padri di famiglia – che dalla loro terra natia si erano spinti in Calabria semplicemente per lavorare ed hanno, invece, trovato la morte sulla strada Statale 106 Ionica. Ciò che è grave e che vorrei far notare, è che l’incidente è avvenuto a poche centinaia di metri dal luogo dove morì a gennaio scorso (circa 6 mesi fa), Vincenzo Salvatore Corvino (43enne di Trebisacce). In un tratto, quello dove è avvenuta la strage della scorsa notte, che da anni ormai fa registrare incidenti e tamponamenti pericolosi. Infatti, un precedente di simile entità è avvenuto diversi anni fa quando a perdere la vita furono 9 persone tant’è che alcuni cittadini in tempi non remoti avevano chiesto l’installazione di alcuni rallentatori di velocità, o quantomeno di piccoli dossi che potessero lenire la frequenza di incidenti ma ad oggi, purtroppo, nessun intervento su questo fronte è stato adottato. A tutto ciò – conclude Pugliese – si somma il silenzio di tutti i sindacati cosiddetti “dei lavoratori”, delle autorità ecclesiastiche e della classe politica dirigente. Fin quando il popolo calabrese non prenderà coscienza di questo problema, la strada Statale 106 Ionica continuerà a seminare morte. Spero, come sempre, che ciò possa accadere presto: personalmente non mi sottrarrò mai al dovere di urlare forte che in realtà oltre allo Stato i responsabili di tutte queste morti siamo anche noi calabresi figli di una “cultura” fatta di rassegnazione e di omertà!”.
A fare da eco alle urla di rabbia dell’autore dell’inchiesta sulla SS 106 è Franceco Mundo, primo cittadino di Trebisacce che punta il dito contro l’ANAS: “Esprimo cordoglio per le vittime dell’incidente che ha coinvolto un pulmino con a bordo lavoratori agricoli che si recavano a Policoro. Purtroppo è l’ennesima tragedia che colpisce lavoratori che con tanto sacrificio e con il miraggio di una vita migliore, affrontano insidie quotidiane. La città di Trebisacce è vicina alle famiglie di questi lavoratori, con rammarico denuncia l’ennesimo incidente su un tratto di strada pericoloso che attraversa il centro abitato del paese. Le modalità del sinistro devono anche costituire uno stimolo e uno sprono all’ANAS per accelerare i lavori della nuova superstrada e in ogni caso approntare, in accoglimento delle richieste del mio Comune, tutte le misure idonee per rallentare la velocità e rendere più sicuro il viadotto Pagliara, sia per gli automobilisti che per gli abitanti delle case circostanti. Noi lavoreremo in tale direzione, con la speranza che sia la Prefettura che l’ANAS autorizzino con urgenza l’apposizione dei dissuasori di controllo di velocità, per impedire la morte di altri innocenti e gente che quotidianamente si reca al lavoro per un pezzo di pane per i figli”.



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