Calabria
Blitz “Cattiva Strada”, 13 arresti. Il boss “istruiva” il figlio di 8 anni – NOMI e DETTAGLI
Un blitz è scattato alle prime ore di oggi per smantellare un’organizzazione di narcotrafficanti fra Gioia Tauro e Rosarno. Tra i particolari anche la vicenda di un boss che istruiva il figlio di 8 anni.
REGGIO CALABRIA – L’operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria denominata “Cattiva strada” è scattata questa mattina per l’esecuzione di 13 ordinanze di custodia cautelare nei confronti altrettante persone accusate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Un’organizzazione con la sua base operativa nel territorio della piana di Gioia Tauro, strutturata in modo capillare ed in grado di rifornire di marijuana e cocaina le importanti piazze di spaccio calabresi.
A testimonianza della spregiudicatezza criminale di uno degli arrestati, sono le risultanze investigative che hanno rivelato lo sconcertante coinvolgimento, in alcuni aspetti, delle attività illecite di un bambino di 8 anni, figlio di uno degli arrestati di oggi.
Sono 8 le persone finite in carcere e per cinque invece, sono stati disposti gli arresti domiciliari:
In carcere sono finiti:
– Giuseppe Cacciola di 25 anni;
– Agostino Cambareri, di 46 anni;
– Massimo Camelliti, di 45 anni;
– Saverio Fortunato, di 26 anni;
– Salvatore Lamonica, di 35 anni;
– Massimiliano Mammoliti, di 36 anni;
– Francesco Mazzitelli, di 24;
– Giovanni Sicari, di 33 anni;
Ai domiciliari sono finiti:
– Vincenzo Condello, di 28 anni;
– Marianna Ranieri, di 30 anni;
– Salvatore Bubba, di 46 anni;
– Natale Giunta, di 33 anni;
– Rocco Saraceno, di 39 anni;
L’indagine è stata avviata nell’estate del 2016 e ha consentito di accertare l’esistenza di un’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti con a capo Agostino Cambareri, 46enne di Gioia Tauro con la collaborazione dei suoi congiunti e di fidati collaboratori in particolare Giuseppe Cacciola e Giovanni Sicari. Il gruppo criminale era in grado di rifornire di marijuana e cocaina importanti piazze di spaccio della regione. Nel sodalizio ognuno aveva un compito ben preciso: c’era chi si occupava delle comunicazioni tra i componenti utilizzando un linguaggio criptico e termini allusivi all’automobilismo per riferirsi ai traffici e ai quantitativi di droga da smerciare ( tappezzeria, macchina, gomme…).
Ad alcuni degli indagati viene contestata anche l’associazione a delinquere vista la ripetitività delle condotte ed aspetti relativi al modus operandi. Il gruppo criminale si occupava di commercializzare all’ingrosso e al dettaglio lo stupefacente secondo le modalità della vendita in parte in conto credito per favorire l’affiliazione stabile degli acquirenti. Inoltre si occupava del pieno controllo del mercato illecito clandestino di marijuana e cocaina mediante relazioni stabili e collaudate. Anche la gestione dei traffici era ben organizzata e la droga veniva tagliata e preparata in modo professionale e arrivava da canali stabili e certi. Un sistema ben organizzato non solo per la suddivisione dei compiti ma anche per il conferimento e la ripartizione dei guadagni e che poteva contare su una rete di protezione volta ad informare, in caso di arresti o sequestri, tutti gli associati del pericolo di attenzioni investigative delle forze di polizia.
Il gruppo era pienamente operativo a Gioia Tauro e Rosarno, ma anche fuori della provincia reggina (Tropea, Lamezia Terme e Crotone) e sono state numerose le cessioni di marijuana e cocaina documentate. Inoltre anche la vendita al dettaglio veniva svolta in modo professionale. Gli indagati si sarebbero attenuti meticolosamente alle modalità con le quali dovevano intrattenere i rapporti tra loro, a quelle relative all’occultamento dello stupefacente e all’immediato approvvigionamento alla fonte per evitare che la “clientela” potesse rivolgersi, insoddisfatta, ad altra rete di spaccio.
Cambareri decideva tutto ed era l’unico in grado di determinare il prezzo di cessione dello stupefacente al dettaglio e la qualità della sostanza stupefacente trattata. A Sicari invece era affidata la rete di rapporti che sarebbe stato in grado di alimentare con molteplici soggetti, anche lontani da Gioia Tauro, tutti comunque collegati al vertice del gruppo.
Cacciola infine, è un soggetto direttamente coinvolto nelle dinamiche del sodalizio e posto in una posizione subordinata rispetto a Cambareri – suo abituale fornitore di stupefacente e soggetto a cui corrispondere gli illeciti guadagni – ma sovraordinato, come organizzatore delle attività dell’associazione sul territorio di Tropea, attraverso i sodali Saverio Fortunato e Francesco Mazzitelli, dallo stesso diretti ai fini dello smercio al dettaglio.
Gli investigatori ritengono di aver cristallizzato tutta la rete di soggetti a disposizione del gruppo di vertice, tra cui i fornitori abituali di stupefacente come Massimo Camelliti che nell’ambito dei traffici illeciti, intrattiene rapporti diretti con il duo Cambareri – Sicari. Altro elemento di spicco è Massimiliano Mammoliti, stabile acquirente di droga all’ingrosso, che favorisce il sodalizio di appartenenza procacciando nuova clientela o “fidelizzando” quella già esistente, fungendo, alla bisogna, da spacciatore nei confronti dei clienti abituali e gestendo la piazza di Oppido Mamertina.
Il ruolo della donna, Marianna Ranieri provava la droga per testare la qualità
Cambareri si sarebbe avvalso, per la gestione dei traffici illeciti a Gioia Tauro, della collaborazione di Marianna Ranieri, deputata non solo alla prova dello stupefacente per testarne la qualità, ma è anche incaricata delle cessioni al dettaglio ed alla riscossione dei crediti vantati dall’organizzazione nei confronti dei clienti. Altro attivo partecipe all’associazione Salvatore Lamonica, la cui affiliazione deriva dall’essere direttamente coinvolto nelle trattative per le cessioni di stupefacente come pure nella divisione dei guadagni illeciti che ne derivano.
Il figlio di 8 anni che sapeva tutto
Dalle risultanze investigative emerge lo sconcertante coinvolgimento in alcuni aspetti delle sue attività illecite del figlio di uno degli arrestati di appena 8 anni. Il minore, nonostante la tenerissima età, non solo risulta pienamente a conoscenza delle attività illegali del genitore, ma viene indotto a prendervi parte, suscitando il vivo compiacimento di quest’ultimo. Inquietanti si rivelano, in particolare, i contenuti dei dialoghi monitorati tra padre e figlio, nel corso dei quali il genitore, senza remora alcuna, affronta discorsi inerenti ai traffici di droga ed armi.



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