L’operazione è scattata questa mattina ed è stata ribattezzata “Demetra 2” nelle province di Vibo Valentia e Reggio Calabria. La vita di un uomo per 7 mila euro
VIBO VALENTIA – Le indagini, condotte dai carabinieri di Vibo Valentia e del Reparto Crimini Violenti del Ros di Roma avrebbero consentito di individuare le due persone che hanno fabbricato e materialmente posizionato il potente ordigno che, il 9 aprile 2018, ha causato la morte del biologo Matteo Vinci ed il grave ferimento del padre Francesco.
Il provvedimento del gip distrettuale è stato eseguito a carico di 7 persone, indiziate, a vario titolo, oltre che dei reati di omicidio e tentato omicidio, anche di danneggiamento, porto di esplosivi, tentata estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. Un paio di mesi dopo l’esplosione erano stati arrestati i mandanti dell’efferato omicidio, legati alla famiglia Mancuso.
L’attentato sarebbe maturato in un più ampio disegno estorsivo, posto in essere dai Mancuso, finalizzato all’illecita acquisizione di terreni a cui si sarebbe opposta la famiglia Vinci. La mano degli esecutori, invece, sarebbe stata armata dalla necessità di saldare un debito di droga.
Le persone finite in manette sono Antonio Criniti, 30 anni e Filippo De Marco, 40 anni, entrambi di Soriano Calabro, che secondo l’accusa avevano un debito di droga con la famiglia Mancuso. Fra gli arrestati anche il boss Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere, già detenuto. Per cancellare il debito avrebbero fabbricato e materialmente posizionato la bomba che ha fatto saltare in aria l’auto. Oltre a Pantaleone Mancuso ed alla sorella Rosaria, nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere anche per Vito Barbara, 30 anni, genero di Rosaria Mancuso. Proprio Rosaria Mancuso è ritenuta la mandante dell’omicidio.
Gratteri: “autobomba, un messaggio dei Mancuso per terrorizzare”
«Questo fatto grave, che possiamo definire tra virgolette “spettacolare” serviva come messaggio per terrorizzare tutti e per dire questo è il nostro target. La famiglia Mancuso – spiega il procuratore Nicola Gratteri – era interessata a questo attentato perchè specializzata ad allargare i confini, ad appropriarsi dei terreni. Una famiglia però, un giovane professionista, di una famiglia perbene, non si è voluto piegare al gioco della ‘ndrangheta, non si è intimorito per difendere la proprietà della sua terra e le radici della sua famiglia che hanno consentito alla sua stessa famiglia di mantenerlo agli studi e mandarlo all’università. In questi quattro anni abbiamo dato delle risposte importanti a questo territorio dove si trova questa ‘ndrangheta di “serie A”. Una mafia, quella della provincia di Vibo, che interagisce con altre mafie, in tutto il territorio nazionale fino in sud America». Reati che si sono intersecati e che fanno emergere con il valore della vita di Vinci sia stato di 7mila euro. E’ questo il debito di droga contratto tra mandanti e organizzatori dell’attentato.
Sottosegretario all’Interno Sibilia: “Oggi vince di nuovo lo Stato”
“Su Limbadi è fondamentale non abbassare l’attenzione – ha affermato in una dichiarazione, il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia: “Un anno fa, proprio nel piccolo comune calabrese, ho partecipato all’inaugurazione di un centro di formazione aperto da Libera in un bene confiscato alla ‘ndrangheta. Un’occasione importante in cui, con le altre istituzioni, ho ribadito quanto istruzione e cultura siano mezzi fondamentali per sconfiggere le mafie. In quella circostanza – prosegue Sibilia – ho anche incontrato i Carabinieri della Stazione di Limbadi e del provinciale di Vibo Valentia. Ho avuto modo di toccare con mano l’impegno e la passione profusa in un territorio gravemente ferito dalle organizzazioni mafiose”.