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Fatture false “nuovo oro” della ‘ndrangheta. Talpe nelle forze dell’ordine

Calabria

Fatture false “nuovo oro” della ‘ndrangheta. Talpe nelle forze dell’ordine

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Gratteri operazione basso profilo

Emergono nuovi particolari dal blitz “Basso profilo” che coinvolge noti esponenti politici calabresi, amministratori locali, imprenditori e professionisti. Interazioni illecite tra imprenditori e consulenti fiscali della zona. Documentato un volume di affari commerciali illeciti da circa 250 milioni di euro

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CATANZARO  – La consorteria ‘ndranghetista colpita dall’inchiesta della Dda di Catanzaro coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri denominata Basso profilo – in cui sono coinvolti anche esponenti politici (tra cui l’assessore regionale Franco Talorico e il segretario nazionale Udc Lorenzo Cesa indagato), amministratori locali, imprenditori e professionisti – che stamane ha portato all’esecuzione di 50 provvedimenti cautelari  “era particolarmente strutturata alla sistematica evasione delle imposte perpetrata attraverso la costituzione di società fittizie che avevano l’unico scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti, ottenerne il pagamento e retrocedere il denaro alle imprese beneficiarie della frode dietro la corresponsione del 11% dell’imponibile indicato nella fattura, affinché queste ultime potessero ottenere indebiti risparmi d’imposta milionari“.

conferenza stampa arresto talarico profilo basso 03

Appalti e gare truccate: guadagno sicuro

Figura centrale del sistema Antonio Gallo, 41 anni, di Catanzaro, imprenditore di riferimento, secondo l’accusa, della ‘ndrangheta crotonese. Grazie a una fitta rete di relazioni, sarebbe stato capace di turbare una serie di gare d’appalto mese sotto la lente d’ingrandimento dagli uomini della sezione operativa della Dia di Catanzaro, bandite tra il 2017 e il 2018 dalle stazioni appaltanti del Consorzio di bonifica Jonio-Crotonese e Jonio-Catanzarese. Si tratta di appalti dal valore complessivo di 107.415 euro per la “fornitura di materiali e dispositivi antiinfortunistici–programma forestazione 2017”. La turbativa, aggravata dal metodo mafioso, dei pubblici incanti investigati, sarebbe stata stata messa in atto attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate. Se l’azienda Gallo non risultava vincitrice, venivano messe in atto manovre – sotto forma degli affidamenti diretti in via d’urgenza – al fine di controllare la gara e assicurare a Gallo comunque un guadagno. Attività delittuose, secondo l’accusa, risultate aggravate dalla finalità di agevolare l’attività della ‘ndrangheta. In questo sistema, sostenuto da un collante composito fatto di imposizione mafiosa e collusione, “lo scopo perseguito dal sodalizio criminale – scrive la procura catanzarese – è stato quello di garantirsi il controllo del sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti calabresi”. Gallo, con l’ausilio di politici locali e dipendenti, avrebbe o realizzato una lunga serie di reati contro la pubblica amministrazione con condotte “a monte” delle gare di appalto. In questo contesto sarebbe emersa l’acclarata complicità, a vario titolo, di pubblici ufficiali (direttori, responsabili e funzionari dell’ufficio appalti e contratti, R.U.P. e un membro di commissione dei procedimenti relativi agli appalti) incaricati dalle relative stazioni appaltanti, che nei giorni della preparazione del bando e durante la sua istruttoria si sono seduti a tavola con quello che doveva essere, sin dal principio, il vincitore recandosi a cena con pregiudicati appartenenti alla “locale” di ‘ndrangheta di Mesoraca.

Interazioni tra imprenditori e consulenti fiscali

l Rup e i componenti della commissione avrebbero dovuto favorire l’aggiudicazione dell’appalto attraverso la predisposizione dei bandi di gara con elementi selettivi stringenti o di difficile dotazione per altri partecipanti ma, data l’impossibilità per Gallo di piazzarsi primo in graduatoria, avrebbero artatamente predisposto ogni mezzo per annullare la gara accogliendo l’istanza di Gallo, anche questa concordata con i responsabili del procedimento, al fine di riservare per gli anni successivi la possibilità di far partecipare l’imprenditore ad altre gare e porre le premesse per commissionare forniture attraverso affidamenti diretti. Le indagini hanno fatto emergere un complesso ed articolato sistema di interazioni tra imprenditori e consulenti fiscali della zona. Nell’indagine figurano due commercialisti, entrambi originari di Roccabernarda (KR), con studio fiscale a Catanzaro Lido dedicato ai bisogni dell’organizzazione. Gli imprenditori Antonio Gallo e Andrea Leone, oggi arrestati, gestivano, direttamente o per interposta persona, una serie di società cartiere, la cui illegale vita fiscale e ogni altro atto di gestione (trasferimento di sedi, fittizia intestazione a terzi, persino cittadini stranieri non in grado di parlare e comprendere la lingua italiana) avveniva sempre con la consulenza e l’indirizzo deciso dai due commercialisti nella consapevolezza di esercitare la professione favorendo le organizzazioni criminali. I professionisti tratti in arresto, in forza delle loro specifiche competenze professionali, avvalendosi di soggetti compiacenti e di società di comodo, avrebbero fatto fraudolentemente ricorso al credito bancario, predisponendo documentazione fiscale alterata (tra cui bilanci falsi, ovvero la presentazione di false buste paga e dichiarazioni dei redditi) per ottenere indebiti finanziamenti e mutui.

Fatture inesistenti “il nuovo oro” della mafia

Secondo quanto riferisce la procura catanzarese, “il nuovo “oro” delle organizzazioni criminali sono le fatture per operazioni inesistenti, merce che oggi è assai ricercata e “trafficata” dalle organizzazioni criminali per i benefici che può determinare per gli imprenditori disonesti e per le aziende a gestione o funzionali della ‘ndrangheta”. L’attività di indagine ha consentito di accertare il prelevamento in contante di 22 milioni di euro, attraverso l’arruolamento da parte dell’organizzazione mafiosa di un folto numero di soggetti prelevatori, vere e proprie “scuderie” in un network complessivo di 159 società fruitrici di fatture per operazioni inesistenti e ben 86 società “cartiere” emittenti i documenti falsi. Sono state analizzate e interfacciate alle indagini anche276 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette trasmesse dagli operatori finanziari.

I passaggi da cartiera in cartiera

Il settore prediletto era quello dei servizi e fornitura di dispositivi di protezione individuale, mascherine, caschi, guanti ecc, a copertura del sistema fraudolento, costituendo, parallelamente, diverse aziende cartiere e “filtro” che si sono dedicate, stabilmente, all’attività di emissione fraudolenta di fatture per operazioni inesistenti. Allo stesso tempo, i membri dell’organizzazione coordinavano “un drappello di individui incaricati, con costanza e senza soluzione di continuità, di recuperare il denaro corrisposto dalle società beneficiarie della frode, prelevandolo in contanti presso i vari uffici postali dove erano stati accesi specifici conti correnti, retrocedere le somme decurtate del compenso illecito, redigere documentazione fiscale ed amministrativa fittizia nonché di “arruolare” nuove “teste di legno”. Durante il passaggio delle somme, da cartiera in cartiera, in taluni casi l’indicazione dell’Iva spariva perché veniva utilizzato l’espediente normativo. Venivano quindi inscenate come avvenute operazioni di commercializzazione mai realmente avvenute. Gli inquirenti parlano di aziende prive di sostanza economica, magazzini affittati ma sprovvisti di merce, e mezzi di trasporto che vi permanevano per simulare operazioni di scarico/carico. Nel corso delle indagini sono state trovate migliaia di documenti fiscali ed amministrativi falsi emessi ed annotati nelle scritture contabili, ai pagamenti realmente eseguiti, tranne, poi, prelevare il denaro e retrocederlo, decurtato del 11% dell’imponibile quale compenso per la costruzione e la gestione del sistema fraudolento.

La percentuale riconosciuta variava a seconda del cliente che richiedeva le fatture per operazioni inesistenti: quando l’impresa era riconducibile a soggetti della criminalità organizzata la percentuale scendeva dall’11% al 7% per acquisire la “captatio benevolentiae” del boss e continuare ad operare indisturbati verso altri imprenditori-clienti beneficiari di false fatture, alcuni dei quali acquisiti proprio grazie all’indicazione del boss all’ombra del quale si era operato.

conferenza stampa arresto talarico profilo basso 02

‘Ndrangheta: società intestate ad albanesi, indagato notaio

C’è il notaio catanzarese Rocco Guglielmo fra le persone indagate nell’ambito dell’operazione della Dda di Catanzaro “Basso profilo”. Il professionista è stato raggiunto dalla misura cautelare del divieto di dimora nel capoluogo calabrese e dal divieto di esercitare la professione di notaio per la durata di un anno. A lui i clan si sarebbero rivolti per concretizzare il passaggio di quote societarie a cittadini albanesi che, prelevati a Bari e provenienti da Durazzo sono stati ospitati a Catanzaro e dotati di codice fiscale italiano. Gli albanesi, intestatari fittizi di tante cartiere anche di nuova costituzione, sarebbero stati accompagnati dal notaio per apporre le firme sugli atti predisposti dal professionista senza i dovuti controlli dalla normativa antiriciclaggio.

Talpe fra le forze dell’ordine informavano clan

C’erano “talpe” tra le forze dell’ordine che permettevano ai componenti del cartello criminale sgominato dalla Dia e dalla Dda di Catanzaro di ottenere informazioni sulle operazioni di polizia. Una vera e propria rete di fonti e connivenze entro la quale spicca il ruolo di un luogotenente della Guardia di Finanza, oggi in pensione, raggiunto da una misura cautelare. Con la sua condotta, finalizzata ad ottenere uno stipendio fisso tramite l’assunzione del figlio in una società costituita ad hoc dall’imprenditore Antonio Gallo in Albania, forniva notizie sullo stato dell’indagine denominata “Borderland”, avvicinando i colleghi delegati alle indagini.

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Il militare, secondo l’accusa, era a conoscenza dei legami di Gallo con la ‘ndrangheta. Un ruolo avrebbero avuto due politici catanzaresi, Tommaso Brutto e il figlio Saverio, l’uno consigliere di minoranza del Comune di Catanzaro, l’altro assessore del Comune di Simeri Crichi (Cz), i quali avrebbero messo il luogotenente in contatto con l’imprenditore delle cosche, attraverso promesse di “entrature” da realizzare con il contributo del segretario regionale dell’Udc, Franco Talarico, oggi assessore al bilancio della Regione Calabria che, a sua volta, avrebbe coinvolto politici nazionali.

 Accertate 388.000 operazioni bancarie

“E’ stata un’indagine complessa, anche per i tanti ‘colletti bianchi coinvolti. Inoltre abbiamo documentato un volume di affari commerciali illeciti da circa 250 milioni di euro“. A dirlo il direttore della Direzione investigativa antimafia Maurizio Vallone, incontrando i giornalisti dopo l’operazione “Basso profilo”. Nel corso delle indagini, ha aggiunto Vallone, sono state fatte intercettazioni telefoniche e ambientali, con “266.500 dialoghi ascoltati e trascritti, sostenuti da contestuali indagini bancarie e accertamenti patrimoniali con 1.800 conti correnti esaminati e 388.000 operazioni bancarie ricostruite, per un giro d’affari di circa 250 milioni di euro. Accertamenti che hanno confermato la mole di dati riferiti dai collaboratori di giustizia e hanno permesso di confermare l’esistenza di un insieme di ‘locali e ‘ndrine distaccate e operanti nelle diverse Province calabresi nei territori di riferimento che corrispondono a Cirò Marina, Cutro, San Leonardo di Cutro, Isola di Capo Rizzuto, Roccabernarda, Mesoraca, Botricello, Sellia, Cropani, Catanzaro e Roccelletta di Borgia”. Il vice direttore delle operazioni della Dia Nicola Altiero, ha sottolineato come “l’anonimato della pletora di imprenditori incensurati coinvolti, per noi significa la mimetizzazione imprenditoriale. Nell’inchiesta sono emersi sia i mafiosi imprenditori, esponenti delle cosche dediti all’economia, ma anche imprenditori mafiosi”.

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