Italia
Operazione “Grimilde”, sequestrati beni ai fratelli Antonio e Cesare Muto
L’esecuzione del provvedimento di sequestro ha interessato le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Crotone. Il valore complessivo è di 10 milioni di euro
BOLOGNA – I carabinieri di Reggio Emilia hanno eseguito, nell’ambito dell’operazione ribattezzata “Grimilde“, una misura di prevenzione patrimoniale che ha portato al sequestro di beni per un valore di circa 10 milioni di euro a carico dei fratelli Antonio e Cesare Muto. Il primo, condannato con sentenza irrevocabile nell’ambito del processo “Aemilia” per associazione di tipo mafioso, truffa ed estorsione, tutti reati aggravati dall’agevolazione mafiosa, è ritenuto appartenente al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro (Kr). L’operazione coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bologna ha consentito di colpire un ingente patrimonio di soggetti legata alla ‘ndrangheta attiva in Emilia Romagna.
L’esecuzione ha interessato le province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Crotone, ed ha comportato il sequestro di:
– 5 aziende operanti nel settore degli autotrasporti ed immobiliare, del valore complessivo di 3 milioni di euro;
– 6 immobili (tra cui un capannone industriale sede delle aziende di autotrasporti, 4 abitazioni, un fabbricato in corso di costruzione), acquistati ad un prezzo complessivo di 3 milioni euro;
– 92 veicoli, tra cui 28 trattori stradali, 43 semirimorchi, 5 autobus, 4 furgoni, 2 autocarri, 10 autovetture tra cui una Maserati e due Volkswagen, 1 motociclo ed 1 quadriciclo, acquistati ad un prezzo complessivo di oltre 1 milione e mezzo di euro;
– 18 rapporti bancari le cui giacenze complessive sono tuttora ignote.
Dalle indagini è emerso come i fratelli Muto gestissero attività imprenditoriali, formalmente intestate a prestanome, accumulando patrimoni personali illeciti. Nel 2013 erano stati colpiti da un’interdittiva antimafia, ma due mesi dopo, secondo gli inquirenti, hanno costituito la Cospar, società di trasporti e viaggi turistici, intestata al prestanome Salvatore Nicola Pangalli, ingegnere di origine crotonesi, accusato di transitare i proventi in una società cartiera. Infine, nell’inchiesta vengono confermati i rapporti tra i fratelli Muto, Giuseppe Giglio e i fratelli Vertinelli, tutti condannati nel processo Aemilia.



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