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Cercare una vita migliore e trovare la morte, il pianto e il racconto dei sopravvissuti

Calabria

Cercare una vita migliore e trovare la morte, il pianto e il racconto dei sopravvissuti

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migranti teli bianchi cutro

CROTONE – Storie e racconti di chi è scampato al mare gelido, alle onde, a quella barca che si è spezzata, al buio della notte di una domenica qualunque. Al Centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto c’è lo strazio di chi ha urlato il nome del proprio caro che non ce l’ha fatta. “Lo ha adagiato su un relitto della barca e poi lo ha visto spegnersi piano piano per ipotermia”. Al lavoro l’equipe di Medici senza frontiere nell’ambito del progetto “People on the move”: “C’è un filo comune nei racconti – dice Sergio Di Dato, coordinatore del progetto per Crotone – che è quello di avere incontrato la morte cercando una vita migliore“.

Al Cara di Isola Capo Rizzuto opera un team di 5 persone di Medici senza frontiere. Oltre al coordinatore ci sono due psicologi e due mediatori che stanno supportando i superstiti raccogliendo le loro testimonianze.

Un ragazzo di 22 anni ha visto morire di freddo il fratellino di 6 anni. “Ci sono alcuni minori che sono rimasti orfani – dice Di Dato – e che dal loro arrivo sono seduti sul letto e non parlano. Tanti piangono, la testa tra le mani. Un pianto che si fa sempre più disperato“.

Attraverso il colloquio con i sopravvissuti e il confronto con le forze dell’ordine, Medici senza Frontiere stima che sull’imbarcazione naufragata ci fossero non meno di 180 persone. Gran parte dei sopravvissuti che si trovano al Cara arrivano dall’Afghanistan, ma ci sono anche siriani, palestinesi, iraniani e due somali. I superstiti hanno spiegato agli psicologi anche i motivi della loro fuga. Un fratello ed una sorella che raccontano di essere scappati dall’Afghanistan perché la donna era in pericolo. “La rotta balcanica – afferma ancora Sergio Di Dato – resta una rotta che viene di solito utilizzata da nuclei familiari che scappano da contesti in cui è ormai impossibile vivere. Per queste persone, che fuggono da zone in cui non si può più vivere, l’Italia e l’Europa dovrebbero creare dei canali di flusso che diano loro la possibilità di raggiungere l’Europa in maniera sicura”. “Una cosa del genere, con così tanti morti – conclude Di Dato – personalmente non l’avevo mai vista. Ho preso parte a diversi soccorsi con salme in mare, ma quanto é accaduto domenica mattina Cutro era impensabile”.

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