Calabria
Torpekai Amarkhel, la storia della reporter in fuga da Kabul morta nel naufragio
CUTRO (KR) – La giornalista afghana 42enne Torpekai Amarkhel è tra le vittime del naufragio di domenica 26 febbraio al largo della Calabria. Morti anche il marito e due bambini, mentre un terzo è disperso. Era stata costretta a fuggire dall’Afghanistan, trasformato dai talebani in un carcere femminile a cielo aperto, Torpekai Amarkhel, la 42enne giornalista afghana morta nel naufragio del barcone a Steccato di Cutro.
Con lei avrebbero perso la vita anche il marito e due bambini mentre una terza bimba di 7 anni è ancora tra i dispersi, secondo quanto riferiscono alcuni media di Kabul. Torpekai lavovara con il progetto Onu ‘Unama News’ a Kabul La sorella della giornalista, Mida, è arrivata a Crotone da Rotterdam, tappa finale probabilmente del viaggio disperato di Torpekai. Ha dato mandato al pool di legali creato nella città calabrese per assistere le famiglie delle vittime di rappresentarla nel procedimento giudiziario che scaturirà dall’indagine in corso alla Procura.
Torpekai: annegata con la famiglia per sfuggire all’inferno talebano
La morte della sorella ha gettato nello sconforto i colleghi dell’Unama, la Missione di assistenza dell’Onu in Afghanistan: “È una notizia devastante” si legge nei commenti di chi ci aveva lavorato insieme. Con l’Onu Torpekai Amarkhel aveva collaborato per anni a Kabul al progetto ‘Unama News’ dopo un passato alla radio nazionale afghana. Da ultimo, realizzava servizi fotografici sulla condizione delle donne, ennesimo mestiere messo al bando perché le donne in Afghanistan non possono lavorare se non in poche eccezioni, non possono uscire di casa senza velo e nemmeno andare al parco giochi con i propri figli, neppure con il burqa.
Fine delle speranze e fuga dal regime talebano Dopo la caduta dei talebani nel 2002, “il giornalismo era una nuova frontiera per le donne nel Paese”, ricordava qualche anno fa Torpekai. All’epoca lavorava con un team di giornaliste radiofoniche tutto al femminile. “Certo, ci sono più donne oggi che fanno questo mestiere – diceva nel 2017 -. Ma sul campo, fuori dall’ufficio si presentano in burqa, fanno le interviste con il burqa. Non è semplice convincerle che sia un lavoro importante per loro”.
Torpekai Amarkhel sperava si potesse fare di più, senza immaginare che solo pochi anni dopo il Paese sarebbe sprofondato nuovamente nel medioevo talebano e che lei sarebbe stata costretta a fuggire e imbarcarsi su un barcone che ha ucciso lei e i suoi cari. Annegati in una notte terrificante per scampare dall’inferno talebano.



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