Ionio
I 34 canti dell’Inferno dantesco in dialetto amendolarese. La splendida opera di Antonio Gerundino
AMENDOLARA (CS) – L’Inferno รจ la prima parte della Divina Commedia, l’epopea poetica scritta da Dante Alighieri nel XIV secolo. Il viaggio immaginario del poeta attraverso i tre regni ultraterreni: l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. L’Inferno rappresenta il regno dei dannati, un luogo di sofferenza e tormento eterno. Una rappresentazione letteraria dell’oltretomba, in cui Dante esplora i diversi cerchi dell’Inferno e le pene inflitte ai dannati per i loro peccati, affrontando tematiche universali come la morale, la giustizia e la redenzione. E l’Inferno rappresenta proprio il percorso di redenzione per Dante, che attraverso l’esperienza dell’Inferno e del Purgatorio, troverร poi la salvezza nel Paradiso.
Suddiviso in 34 canti, ognuno composto da una serie di terzine, strofe di tre versi endecasillabi con rima incatenata, l’Inferno รจ scritto in nella lingua natia di Dante, cioรจ il fiorentino del 1300.
Dalla lingua volgare fiorentina al vernacolo di Amendolara
Antonio Gerundino, amendolarese DOC, รจ da sempre affascinato dal genio e dalla grande fantasia di Dante. Il poeta ha saputo elevare la propria individualitร biografica in una prospettiva universale e, nello stesso modo, “mi ha stupito la Divina Commedia, ove i sensi della realtร vengono negati e respinti per essere riabilitati in una veritร superiore”. Oltre che un appassionato ricercatore della storia di Amendolara, Gerundino si รจ sempre interessato, con la stessa passione, anche del suo dialetto, che studia da diversi anni, lavorando sul dizionario e sulla grammatica.
“Ritengo che qualsiasi forma idiomatica, per la sua genuinitร e forza comunicativa, ha una sua rilevante importanza linguistica con i componenti della stessa comunitร di appartenenza.ย Mentre lavoravo sulla trascrizione dellโInferno, nel 2013 pubblicavo, in amendolarese, quella deโ Le avventure di Pinocchio’. Con questi miei due lavori – spiega Gerundino – ho voluto dimostrare che con la lingua del volgo, colorita, semplice, immediata a trasmettere qualsiasi situazione ed emozione, รจ possibile trascrivere qualsiasi opera letteraria, e non solo“. Antonio Gerundino considera la Commedia non solo come unโopera per immagini e parole, ma soprattutto come il mezzo per immortalare la sua terra: vuole lasciare ai posteri la sua traccia emozionale.
La traduzione dell’Inferno di Dante
Passione sconfinata che lo ha portato cosรฌ a tradurre l’Inferno di Dante nel dialetto di Amendolara. In Calabria le traduzioni della Divina Commedia cominciarono ad apparire nel momento in cui questa terra passรฒ dal Regno di Napoli al Regno dโItalia. Il calabrese colto sentรฌ il bisogno di trovare un collegamento tra la cultura regionale e quella dell’Italia unita, pensรฒ di salvare il dialetto, pur auspicando con l’unitร politica anche l’unitร linguistica. Molti ritenevano che il divin poema, in quanto universale, fosse giร opera popolare, il cui contenuto era ed รจ accessibile al popolo, portatore di valori universali. Avvicinare il dialetto ai grandi capolavori della letteratura.ย E la novitร del suo lavoro di Gerundino – come ha spiegatoย Pina Basile, Presidente Societร Dante Alighieri delย Comitato di Salerno, sta nel fatto che “il traduttore vuol significare ad alterum la lingua della sua terra, e tenta, allo stesso tempo, di far condividere il suo mondo linguistico, la sua ereditร del passato, fatta di idiomi greci, latini, bizantini, francesi, spagnoli”.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, che la diritta via era smarrita”. In dialetto amendolarese diventa “M-mรญnzโโu camรฌnโโi quรฌssa vรฌtโaqquร n mโร gg truwร t โnda โnu vรบลกch scรนr, cร โa drรฌtta vรฌja m sfurrรญโ ddโi mร n”.
“Senza sconvolgere il senso del capolavoro dantesco”
“L’idea della traduzione รจ nata per gioco – racconta Gerundino – con i primi dieci canti. Poi quello stesso ‘gioco’ si รจ fatto interessante, mi ha incuriosito, e ho continuato con gli altri, portando a termine l’intera prima cantica della Divina Commedia. Mi sono divertito,ย nonostante l’arduitร del lavoro, a cercare le peculiari espressioni dialettali che meglio possano esprimere, nella lingua della mia gente, la volontร del Poeta, facendo cosรฌ rivivere nel vernacolo amendolarese la Divina Poesia, con il far parlare Beatrice, Virgilio, Dante, gli angeli e i diavoli, i personaggi noti e meno noti della storia. Nella trascrizione ho inserito qualche termine dialettale della vicinissima Roseto Capo Spulico, paese dโorigine dei miei nonni e bisnonni materni. Ho cercato – conclude Gerundino – di rispettare al massimo il testo a fronte, senza sconvolgere il senso del capolavoro dantesco”.
Durante la fase (direi โle fasiโ) di trascrizione ho potuto constatare la presenza, nel testo del Poeta, di molte parole (preposizioni, sostantivi, aggettivi, verbi ecc.) in uso ancor oggi nel mio dialetto, come, p. es.: mรฒโ; dโi; potti; gordo; maraviglia; ne; dimora; danne; sappi ecc. ecc…ย
Presto questa incredibile opera di Antonio Gerudino diventerร un libro. L’autore ha tenuto a ringraziare anche e ricordare il compianto prof. Tullio De Mauro, docente di Linguistica e di Filosofia del Linguaggio, al quale aveva sottoposto alcune ricerche etimologie che ha ritenuto interessanti. Immensa gratitudine anche al compianto prof. Giovanni Sapia, da Corigliano-Rossano, insigne intellettuale calabrese, uno dei maggiori dantisti meridionali, autore di svariati saggi, nonchรฉ fondatore e direttore dell’Universitร Popolare della detta cittadina Jonica eย la Prof.ssa Pina Basile, scrittrice, poetessa, docente collaboratrice alla Cattedra di Linguistica italiana dellโUniversitร degli Studi di Salerno, curatrice della Divina Commedia di Salvatore Scervini, in dialetto di Acri, nonchรฉ Presidente Provinciale della Societร Dante Alighieri di Salerno e autrice della prefazione.



Social