Come vestivano e cosa facevano i cosentini alla fine dell’800? Lo raccontano le collezioni Bilotti e Telesio (FOTO)

COSENZA – Vivere Cosenza e conoscerne il passato, nel cuore del centro storico. Gratis.

Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona attraverso la sua donazione di oggetti d’arte decorativa legati alla tradizione cosentina, ha restituito alla città un patrimonio culturale immenso capace di raccontare le abitudini degli antenati concittadini. Si tratta di reperti fotografici che immortalano la quotidianità lungo le sponde del Crati, accompagnati da oggetti (abiti, corredi, giocattoli, manufatti, telegrafi) che documentano la vita della Cosenza di fine ‘800. Arricchita dal materiale fornito dalla famiglia Telesio la mostra permanente, che da anni popola l’ex municipio bruzio, costituisce la base del museo allestito all’interno della Casa delle Culture. Alle immagini delle cosentine che andavano a lavare i vestiti nel Crati, portandoli sulle ceste fatte con i giunchi che crescevano ai suoi lati, si contrappongono quelle delle aristocratiche trasportate da quattro persone su una portantina tra i vicoli di Cosenza Vecchia per non sporcare i propri abiti.

 

Differenze sociali che venivano riscattate, insieme alla dura vita della campagna, in occasione delle festività dai costumi tradizionali che pare fossero identici sia per il proletariato, sia per le donne di quella che oggi chiameremmo, la Cosenza Bene. A ciò si aggiungono le testimonianze degli eventi dell’epoca: parate, processioni, corse automobilistiche, nonchè la tradizionale Fiera di San Giuseppe luogo di incontro e di scambi commerciali sin dai tempi di Federico II di Svevia (la prima ‘edizione’ fu quella infatti del 1234). Le botteghe, infatti, costituivano dei veri e propri centri culturali, attraverso mestieri che per secoli hanno accompagnato la storia dell’area urbana nota in tutta Europa per le preziose sete. Terracotte e ceramiche venivano invece prodotte e vendute nel Borgo ‘de li pingataru’, nei pressi del ponte di San Francesco di Paola, dove vivevano le famiglie degli artigiani e dove ancora oggi sopravvive qualche piccolo esercizio commerciale dedicato.

 

L’intimità delle abitazioni cosentine ottocentesca è resa da diversi oggetti nonchè arredi del tempo perfettamente conservati ed esposti tra le sale della Casa delle Culture tra gli eleganti abiti che raccontano la storia della moda a Cosenza. L’artigianato tessile, infatti, ha avuto nel cosentino un’ampia diffusione, grazie alla coltivazione di seta, ginestra e lino. Creatività e tecnica sono rappresentati nella mostra permanente allestita da Roberto Bilotti con accessori ricercati come cappelli, gioielli, guanti, e ventagli con un carattere simbolico estremamente importante per l’epoca. Il ventaglio, ad esempio, era uno strumento fondamentale per la comunicazione amorosa, le sue diverse posizioni fungevano da ‘codice’, mediante cui inviare segnali e messaggi dal ‘Sono sposata’ al ‘Non voglio vederti più’. Con l’integrazione delle due raccolte, Bilotti e Telesio, viene rinforzata la forza distintiva, la soggettività culturale, il senso di appartenenza e la storia della città di Cosenza che ogni cittadino dovrebbe conoscere. Se i turisti, come spiega il custode del museo, ”restano sempre ammaliati dalla bellezza e dalla storia della nostra città, quando visitano il palazzo” perchè non dovrebbero esserlo i cosentini, la maggior parte dei quali nella Casa delle Culture, non si è mai soffermata ad ammirare la vita che conducevano i propri concittadini. 

 

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