Incendio corso Telesio: mille anni di storia bruzia in fumo, torre pericolante

Tre persone arse vive nel centro storico di Cosenza e il patrimonio culturale della città in cenere. A rischio crollo la torre sveva citata da Dante nella Divina Commedia

 

COSENZA – Morte e distruzione. Un devastante incendio, sulla cui natura sono ancora in corso indagini, quello divampato il 18 agosto scorso in un appartamento su corso Telesio. Tre le persone che persero la vita: Antonio Noce, Serafina Speranza, Roberto Golia e il loro cagnolino. Abitavano nello stesso stabile della residenza Ruggi D’Aragona, esattamente al piano sottostante. Per ampliare il proprio appartamento sembrerebbe avessero occupato una parte del palazzo, quella della vecchia campanaria, di proprietà della famiglia Bilotti. Numerose le denunce sporte per tutelare i documenti più rari e significativi della storia della città di Cosenza conservati nel palazzo nobiliare del 1100. Esposti a cui mai venne dato seguito. A distanza di due mesi dall’incendio niente è stato fatto per salvare il salvabile e la torre sembra rischi di crollare.

IL VALORE DELLA TORRE SVEVA PERICOLANTE

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Bifora risalente al 1400

La torre del Duomo inglobata nel palazzo è andata a fuoco come una discarica ed è stata lasciata ardere tutta la notte per mancanza d’acqua e sistemi di sicurezza. Eppure rappresenta il patrimonio monumentale della collettività, ricordiamo che era il campanile del Duomo prima che il terremoto nel ‘600 ne facesse crollare la parte che insisteva su corso Telesio, e rievoca una storia gloriosa internazionale. A base quadrata con l’ultimo livello a base ottagonale come la cuspide, di architettura federiciana come le torri del castello, con bifore gotiche, inaugurata con il Duomo nel 1222 da Federico II di Svevia. Nel 1600 è stata incorporata nel palazzo Badolati poi Castiglion Morelli e quindi Compagna. Il complesso duomo-campanile, simbolo della Chiesa e del suo presule, sono rievocati da Dante nella Divina Commedia, Canto III del Purgatorio  “Se il Pastor di Cosenza …”.

 

Il Duomo, inoltre, costituisce anche Pantheon dei reali d’Europa del XIII e XIV secolo. Isabella d’Aragona, regina di Francia, morta a Cosenza nel 1271, di ritorno dalla ottava crociata ricordata da D’Annunzio nelle Laudi il corpo della regina bollito forse nella torre le ossa traslate in Francia e il corpo nella cattedrale. Enrico VII di Svevia re di Sicilia e di Germania primogenito ed erede di Federico II e Luigi III d’Angiò re titolare di Napoli. Roberto Bilotti, in controtendenza alla chiusura di tutti i palazzi che rimangono serrati aveva aperto la sua casa, un contributo allo sviluppo del turismo e a riportare vita nel quartiere, a far conoscere le caratteristiche identitarie attraverso le più alte espressioni autoctone della grande tradizione locale testimoniata dalle tele dei quadri e dalla biblioteca.

 

IL VALORE DELLA BIBLIOTECA RIDOTTA IN CENERE

Cinquecentine, seicentine, pergamene, manoscritti, degli umanisti cosentini tra i più rivoluzionari d’Europa e modello per altri grandi pensatori. Qui erano conservati: gli studi di Telesio con i suoi nuovi ideali naturalistici che hanno ispirato Giordano Bruno, Cartesio, Bacone tra cui il ‘De rerum biblioteca_All_3_anatura’ del 1570. I testi di Tommaso Cornelio tra i più rivoluzionari in medicina; quelli religiosi di San Francesco di Paola, Quattromani, Caputi, di Tarsia, della Valle, eccellenze che regalato dato alla città l’appellativo di “Cosenza la dotta”. Testi di matematici, poeti, letterati, giureconsulti, scienziati, medici, economisti, cosentini rinascimentali che hanno costituito l’Accademia cosentina tra le più antiche e prestigiose istituzioni culturali d’Europa di cui erano custoditi gli atti nella torre andata in fiamme.

 

Le otto preziose librerie in noce scolpite contenenti migliaia di volumi antichi sulla storia cosentine sono precipitate nel fuoco con il solaio che è ceduto. Tutto in cenere a causa della mancanza di bocchette d’acqua antincendio in una articolazione urbana medioevale tra vicoli e scalinate inaccessibili alle autobotti. La torre, con le monumentali bifore aragonesi gotico-fiorito, tra i più begli esempi in Italia, è rimasta per decenni una delegittimata discarica, dalle finestre traboccava spazzatura che ha contribuito alla propagazione del fuoco. Il tutto nell’indifferenza delle istituzioni che pur sapendo, la situazione di disagio e degrado in cui viveva la famiglia Noce, non hanno fatto nulla. Si spera che almeno oggi si attivino per salvare uno dei nostri monumenti medioevali più significativi, mettendo in sicurezza l’arteria principale del centro storico di sicurezza.

COSA CONTENEVA LA BIBLIOTECA ANDATA IN FIAMME

Il professore Luca Addante, cosentino esperto di studi telesiani, docente di Storia Moderna all’Università di Torino, parla della biblioteca bruciata come di una grave perdita culturale dei cosentini. E ne descrive i contenuti: “era composta da oltre 700 tomi, – spiega Addante – datati tra bifora-400eil Cinquecento e l’Ottocento. Inoltre, c’erano dei manoscritti, tra cui uno di Aulo Giano Parrasio e un altro di Antonio Telesio: scritti risalenti al primo ’500, vergati da due dei più importanti personaggi della storia cosentina. Pergamene e ritratti completavano il fondo, ma erano i libri la parte più significativa. Essi erano disposti in sette librerie e una bacheca, con opere di Casanova e Victor Hugo, di Metastasio e Parini, di Racine e Carducci, di Dante e De Sanctis.

 

Era il nucleo calabro-cosentino a dare l’identità alla biblioteca. A parte l’edizione del De rerum natura di Bernardino Telesio su cui ho già scritto, c’era l’opera principale di Tommaso Cornelio, uno dei protagonisti della Rivoluzione scientifica. Testi di Sertorio Quattromani, succeduto a Telesio alla guida dell’Accademia cosentina; di Marco Aurelio Severino, uno dei principali medici del Seicento europeo; e un volume del cardinale e giurista Pietro Paolo Parisio, fra i presidenti d’assemblea al Concilio di Trento. Ancora, c’era un libro di Domenico Bisceglia, ministro e martire della Repubblica napoletana del 1799. Un’edizione del ’700 delle rime del grande poeta del ’500 Galeazzo di Tarsia. E poi: testi di giuristi e pensatori politici del ’600 come Giovanni Antonio Palazzo, etc. etc. Un patrimonio di tutto rispetto, soprattutto per i cosentini. Incolumità pubblica e tutela dei beni culturali imporrebbero, quindi, di accertarsi se ci sia o meno un rischio di crollo. Così da evitare che altre inerzie burocratiche aggiungessero ai lutti altri lutti”.

 

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