Cosenza
Lavoro e Neet: dati Istat, futuro incerto per i giovani cosentini
Istat: laureati e ricerca, la grande fuga dal Sud verso il Nord e l’aumento dei Neet nel Mezzogiorno
COSENZA – Cresce il divario tra i Neet tra le regioni meridionali e settentrionali, l’Istat conferma questo trend negativo, anche Cosenza emerge come una delle città con la più alta percentuale di persone che non studiano e non cercano lavoro. Non solo fuga di cervelli, ma anche la netta differenza tra diplomati del sud rispetto al nord cresciuta fino a 12 punti percentuali nel 2016. Anche tra i laureati dai 25 ai 39 anni ( 24,4% in Italia) risulta una maggiore percentuale al Nord e al Centro, con 7 punti percentuale in meno nel 2016 nel Mezzogiorno.
Le province del meridione si rivelano ampiamente al di sotto della media nazionale con eccezioni positive come nelle province calabresi di Cosenza (27%) e Vibo Valentia (25,6%). Rimane tuttavia il fenomeno dei senza lavoro e dei non iscritti alle università con i dati più allarmanti in parte della Campania, Puglia e tutta la Calabria, i territori siciliani e la costa occidentale della Sardegna.
Oltre un giovane su tre al Sud e’ un ‘Neet’, un dato doppio rispetto al Nord. Lo segnala l’Istat nel Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes). Nel 2016, in media il 24,3% dei giovani tra i 15 e i 29 anni non ha lavorato ne’ studiato. I Neet sono il 17% al Nord, il 20,4% al Centro e il 34,2% nel Mezzogiorno, con evidenti differenze tra le province di tutte le aree geografiche. Il gruppo dei territori meno svantaggiati si concentra tra il Nord-ovest e il Nord-est ma include anche alcune province del Centro, come Pisa, Siena, Ancona.
I valori variano dal minimo di Bologna (11,8%) ai massimi di Roma (21,8%) e Torino (21,3%). All’opposto, il gruppo delle province e citta’ metropolitane con piu’ Neet comprende parte di Campania e Puglia, tutta la Calabria, la quasi totalita’ dei territori siciliani e la costa occidentale della Sardegna, raggiungendo valori tra i piu’ elevati nelle citta’ metropolitane di Palermo (41,5%) Catania (40,1%), Messina (38,5%), Napoli (37,7%) e Reggio Calabria (36,8%).
Tra il 2004 e il 2016 il fenomeno ha avuto un andamento generalmente crescente, piu’ intenso al Nord (+44%), con punte elevate in alcune province del Piemonte (Vercelli, Asti, Alessandria) dove i Neet sono raddoppiati, in parte della Lombardia (Varese e Mantova) e a Rovigo. Le province meridionali, invece, hanno generalmente ridotto la distanza dal resto d’Italia come risultato di una crescita piu’ contenuta dei gia’ elevati livelli di esclusione dei propri giovani dal lavoro e dall’istruzione.
I DATI SUGLI STIPENDI MEDI
Anche per il lavoro e le retribuzioni non va meglio, lo stipendio medio di un milanese e’ circa due volte e mezzo quello di un abitante della provincia di Vibo Valentia. E’ quanto emerge dall’ultimo Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) dell’Istat, secondo cui le province del Nord, in particolare del Nord-ovest, detengono il primato delle piu’ alte retribuzioni medie annue dei lavoratori dipendenti.
Al Nord, nel 2016 il reddito medio di un lavoratore dipendente e’ stato di circa 24.400 euro contro i 16.100 euro di un lavoratore del Mezzogiorno: una differenza di oltre 8 mila euro annui che sintetizza la diversa struttura dell’occupazione e delle retribuzioni, ma anche la maggiore continuita’ o discontinuita’ nella partecipazione all’occupazione dipendente che connota le due aree del Paese.
Infatti, l’indicatore (fonte Inps) considera l’ammontare del reddito percepito dal complesso dei lavoratori dipendenti a titolo di retribuzione dei rapporti in essere nell’anno, siano essi a tempo pieno o parziale, a tempo indeterminato o a termine e indipendentemente dal numero di giornate lavorate. L’attuale divario e’ associato a dinamiche molto diverse nei territori. In tutti i casi le retribuzioni medie annue sono cresciute quasi costantemente negli anni, ma con velocita’ notevolmente diverse: +11,4% al Nord, +3,4% nel Mezzogiorno; il divario iniziale, che nel 2009 misurava 6.300 euro a vantaggio del Nord sul Mezzogiorno, si e’ quindi notevolmente accentuato.
Ricerca e innovazione, e’ grande fuga di laureati dal Mezzogiorno. Direzione nord, Milano e Bologna in primis. Nella fotografia scattata dal rapporto Bes dell’Istat, nel 2016 il Sud registra una perdita netta di 23 giovani laureati ogni mille laureati residenti di pari eta’. Il saldo (cioe’ la differenza tra i flussi in ingresso e quelli in uscita verso territori piu’ attrattivi, in Italia o all’estero) e’ negativo in tutte le province meridionali e particolarmente alto a Enna, Agrigento, Caltanissetta, Reggio Calabria e Foggia, dove sfiora o supera il -40 per mille.
L’unica eccezione e’ costituita da Olbia-Tempio (+13,2 per mille), in controtendenza negli ultimi anni rispetto al complesso delle altre province meridionali. Le province e citta’ metropolitane in assoluto piu’ attrattive per i giovani laureati italiani si trovano tutte al Nord: il fenomeno e’ particolarmente intenso e sostanzialmente consolidato nel tempo a Milano e Bologna (rispettivamente +35,4 e +33,4 per mille nel 2016), Trieste (+17,2), Parma (+12,7), Modena e Rimini (+11).
In altri casi i risultati attuali fanno seguito a una crescita piu’ o meno recente, come ad esempio a Novara, che in cinque anni e’ passata da +2,2 per mille a +11, e a La Spezia, che ha invertito il trend negativo iniziale (-1,8) raggiungendo un traguardo analogo (+10,7 per mille). La mappa del Centro Italia, infine, e’ caratterizzata dal contrasto tra alcune aree della Toscana notevolmente piu’ attrattive delle altre province che invece sono generalmente in perdita: Pisa (+9,7), Massa-Carrara (+8,7), Pistoia e Firenze (+5,2).



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