Bilanci truccati e assunzioni clientelari all’Asp di Cosenza, prosciolti due imputati

Rientrato dal divieto di dimora Remigio Magnelli è diventato il braccio destro del direttore generale, mentre Fabiola Rizzuto è ora responsabile dell’area Risorse Umane del distretto Cosenza-Savuto

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COSENZA – L’abuso d’ufficio non è più reato. Per questo motivo il collegio giudicante presieduto da Stefania Antico ha prosciolto gli imputati del Sistema Cosenza a processo per tali accuse. Si tratta di Raffaele Mauro, ex direttore generale dell’Asp di Cosenza; dell’ex direttore amministrativo dell’Asp di Cosenza Luigi Bruno; dell’ex direttore sanitario dell’Asp di Cosenza Francesco Giudiceandrea; di Carmela Cortese ex dirigente dell’Unità Igiene e Salute pubblica dell’Asp; di Remigio Magnelli ex dirigente del settore Risorse Umane Asp e dei dirigenti Fabiola Rizzuto e Antonio Scalzo. Insieme agli ex dirigenti del dipartimento Salute della Regione Calabria Antonio Belcastro e Bruno Zito; all’ex commissario per il Piano di rientro dal debito sanitario della Calabria Massimo Scura; a Giovanni Lauricella direttore dell’Unità Affari legali e Contenzioso Asp ormai deceduto; a Maria Marano collaboratrice amministrativa responsabile dell’Unità Protesi e Ausili; al dirigente regionale Vincenzo Ferrari; ai dirigenti Asp Aurora De Ciancio e Nicola Mastrota sono accusati a vario titolo di aver costruito appunto un “sistema” di malaffare basato su assunzioni clientelari e falsificazione di bilanci.

Gli imputati del Sistema Cosenza assolti

Per due degli imputati accusati solo di abuso di ufficio il processo termina qui con un’assoluzione perché il fatto non costituisce più reato. Chi sono? Il primo è Remigio Magnelli che rientrato dal divieto di dimora, è stato promosso ed è di fatto diventato il braccio destro del direttore generale, posto a capo del dipartimento amministrativo e direttore Affari Generali dell’Asp di Cosenza. Non è nuovo a questo tipo di accuse tant’è che a causa di atti firmati nel 2008 in qualità di dirigente dell’Unità Operativa Complessa Risorse Umane dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza fu condannato a 1 anno di reclusione con sentenza definitiva nel 2019 per falso in atto pubblico. La vicenda riguardava l’assunzione di Michele Fazzolari divenuto famoso per aver stabilizzato circa 430 precari dell’azienda sanitaria bruzia, tra i quali anche se stesso. La coimputata è Fabiola Rizzuto che a sua volta ha fatto carriera e dopo l’interdizione dai pubblici uffici è diventata responsabile dell’area giuridico economica della Gestione Valorizzazione Sviluppo Formazione Risorse Umane del distretto Cosenza-Savuto.

Le assunzioni ambigue all’Asp di Cosenza

Magnelli e Rizzuto, nei rispettivi ruoli di direttore della struttura proponente (UOC Risorse Umane) di responsabile del procedimento sono accusati di avere posto in essere “indebiti favoritismi” procurando “intenzionalmente a Giovanna Borromeo un ingiusto vantaggio patrimoniale, consistente nell’assunzione a tempo indeterminato quale dirigente amministrativo dell’Asp di Cosenza mediante utilizzazione di graduatoria concorsuale dell’Asp di Catanzaro”. Giovanna Borromeo è la compagna dell’ingegnere dell’Asp di Cosenza Gennaro Sosto per il quale la Procura aveva richiesto la misura interdittiva della sospensione dai pubblici uffici che però non è stata accolta dal gip ed è stato poi ritenuto estraneo ai fatti oggetto d’inchiesta. I due si sarebbero spesi anche per affidare l’incarico di responsabile del Risk management e governo clinico alla compagna di Raffaele Mauro, Cesira Ariani, procurandole “un ingiusto vantaggio patrimoniale”. Entrambi avrebbero seguito l’indicazione contenuta in una nota manoscritta dal direttore generale Mauro che aveva apposto il nome della compagna Cesira Ariani a margine del verbale della commissione esaminatrice chiamata ad attivare le selezioni per l’attribuzione del ruolo di responsabile del Risk management.

Consulente insultato durante la testimonianza

Nel corso dell’udienza che si è tenuta stamattina nel Tribunale di Cosenza i teste di pg hanno illustrato parte delle gravi criticità riscontrate nell’analisi dei bilanci dell’Asp del 2015 – 2016 – 2017 e 2018. “L’azienda sanitaria non ha rispettato i principi di trasparenza, chiarezza e veridicità – hanno affermato – che impone la legge. Il valore dei crediti nel 2017, secondo il partitario clienti acquisito, era di 422 milioni di euro, e nel bilancio invece apparivano solo 290 milioni di euro. Il fondo rischi invece era totalmente inadeguato e dai nostri calcoli dovevano obbligatoriamente esservi accantonati almeno 150 milioni di euro di cui non abbiamo trovato traccia”. La testimonianza è stata interrotta dal pm Mariangela Farro che ha con veemenza rimproverato l’imputato Luigi Bruno a non insultare “con parolacce il consulente mentre parla” perché “ricordo siamo in aula di Tribunale e ciò non è accettabile”.

La posizione di Luigi Bruno

Luigi Bruno oggi lavora a Cirò Marina nella casa di cura privata Santa Rita. È tristemente noto per essere stato il direttore del personale e Responsabile Dirigente dei Rapporti Istituzionali del Centro di Riabilitazione socio/sanitaria Fondazione “Istituto Papa Giovanni XXIII” di Serra d’Aiello. Ricoprì quel ruolo fin quando la clinica lager fu oggetto di un blitz della Guardia di Finanza che svelò le condizioni inumane nelle quali versavano gli ospiti a fronte di circa 100 milioni di euro scomparsi nel nulla, così come alcuni pazienti mai ritrovati. Oggi assolto dal reato di abuso d’ufficio, deve rispondere della accuse di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Secondo la Procura di Cosenza avrebbe formulato nel 2018 delibere che contenevano gli impegni di spesa per l’unità di Ausili e Protesi “attestando falsamente fatti dei quali l’atto era destinato a provare la verità e, nello specifico, la qualifica di responsabile dell’UOS Protesica in capo a Maria Marano” la quale non essendo laureata in Medicina non avrebbe potuto ricoprire tale incarico. In più come direttore amministrativo dell’Asp di Cosenza, responsabile della verifica e dell’approvazione della ricognizione del contenzioso, nonché dell’adozione del parere preventivo sul bilancio d’esercizio è ritenuto dal pm responsabile di aver attestato “falsamente fatti dei quali l’atto (bilancio d’esercizio 2015- 2016 -2017) era destinato a provare la verità” come gli accantonamenti nel fondo rischi e la situazione di cassa rilevabile dalla sezione Disponibilità liquide dello Stato patrimoniale. Inoltre, la Procura contesta a Bruno di aver alterato (o fatto alterare) voci di bilancio quali Pagamenti da regolarizzare per pignoramenti, Altri pagamenti da regolarizzare, Altri incassi da Regolarizzare, Pagamenti da regolarizzare derivanti dal rimborso di anticipazioni di cassa, “con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di conseguire l’impunità in relazione” all’ipotizzata falsificazione del bilancio d’esercizio del 2017.

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