Caso Bergamini, la difesa della Internò: “il popolo l’ha già condannata. È un processo mediatico”
La difesa: "Isabella Internò è stata trattata come una prostituta le sue figlie non volevano andare a scuola"
COSENZA – Cosenza, 26 settembre 2024, 35 anni dopo la morte di Bergamini, in aula in Corte d’Assise stamattina è andata in scena l’arringa della difesa di Isabella Internò, guidata dall’appassionata avvocatessa Rosanna Cribari. La Internò – secondo la Procura della Repubblica di Castrovillari – è la mandante e concorre nell’omicidio dell’ex fidanzato Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza morto il 18 novembre del 1989 lungo la statale 106 a Roseto Capo Spulico. Nelle scorse udienze la stessa Procura ha chiesto per la donna 23 anni di carcere per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi in concorso con ignoti.
Questo è un processo mediatico. Il popolo l’ha già condannata
A prendere la parola è l’avvocato di Isabella Internò, Rosanna Cribari, che esordisce con un pensiero che si può racchiude in un’unica frase: “questo è un processo mediatico, il popolo l’ha già condannata”. L’avvocato parte dalla sentenza del 1991 di Trebisacce. “Il pretore si sofferma sulla gelosia di Bergamini. Ma mi dovete spiegare – dice la Cribari – perché se sono la mandate (si riferisce ad Isabella Iternò) dopo la morte di Bergamini si trova lì sulla scena? Perché viene lasciata è più logico andare via poi la ricostruzione ve la fate voi”. La legale poi fa una riflessione sul ruolo delle trasmissioni televisive che negli anni si sono occupati del caso Denis:” non bastano i successi personali, né la giovane età, né l’avvenenza fisica dal preservare l’individuo dal compimento di atti autodistruttivi questi spesso sono elementi che predispongono a maggiori fragilità. Perché non sono venute fuori a “Quarto grado”? Perché non fanno comodo, ecco perché”.
La scienza e “la polverina di Harry Potter”
“Sul corpo di Denis Bergamini non ci sono segni che rimandano a una morte per asfissia meccanica violenta. Né per soffocamento né tantomeno per strangolamento. Per quanto riguarda l’utilizzo della glicoforina ‘la polverina magica di Harry Potter’ – così viene chiamata dall’avvocatessa – non offre alcuna garanzia in termini di scientificità dei risultati, specie se applicata su cadaveri vecchi di trent’anni”. È questo, in sintesi, il pensiero esplicitato durante l’arringa della difesa in aula stamane. La Cribari fa notare che a mettere in discussione l’attendibilità della glicoforina, è anche Francesco Maria Avato, il medico legale che eseguì la prima autopsia nel gennaio del 1990. L’unico, veramente attendibile – dice l’avvocatessa – perché è lui ad aver visto il corpo di Bergamini ancora integro poco dopo la morte. Insomma, gli avvocati della Internò non cambiano la linea difensiva che hanno portato avanti durante tutto il processo ma anzi continuano a sostenere che quando il calciatore finisce sotto la ruota del camion, guidato da Raffaele Pisano, è ancora vivo e non già morto come sostiene l’accusa. “A dimostrarlo (come disse anche la dottoressa Innamorato, consulente della difesa) – è la grande quantità di sangue presente sull’asfalto. “Un cadavere non può sanguinare così tanto”.
“Il delitto d’onore? offende il Sud”
“Da meridionale mi sono sentita offesa – dice la Cribari – gli avvocati del Nord ci hanno trattato come i Flintstones, come retrogradi del Sud. Perché loro del nord non sono così. Noi non siamo mafiosi. Io sono orgogliosa di essere calabrese. Isabella Internò è stata trattata come una prostituta – ha continuato Cribari – le sue figlie non volevano andare a scuola”. E poi conclude: “si può condannare quando gli indizi sono gravi, precisi e concordanti. Gli indizi di questo processo quali sarebbero? Tiziana Rota e la sua medium? Fineschi e la glicoforina? Vi chiedo che Isabella Internò venga assolta con la formula più ampia”.