Cosenza: il lavoro latita, il rientro amaro degli emigrati: «qui non c’è futuro»

Le corsie dell’autostazione di Cosenza in pieno controesodo natalizio. Biglietti per Milano solo andata a 125 euro per 16 ore di viaggio in bus. Le voci di lavoratori, studenti fuorisede e genitori rassegnati

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COSENZA – In Calabria lavora meno della metà della popolazione. Solo il 48,4% ha uno stipendio, l’altra metà non ha impiego (dati Eurostat). È infatti la regione con più disoccupati d’Europa. La peggiore in Italia, secondo l’Istat, sia sul piano occupazionale dove si assiste ad una vertiginosa perdita di posti di lavoro (i disoccupati sono aumentati del 10% nel 2023) sia sul fronte dell’emigrazione. I calabresi infatti sono coloro che maggiormente abbandonano la propria terra per andare a cercare fortuna altrove. Si registra sul territorio il tasso di emigratorietà più elevato, con Crotone maglia nera e altre 95mila persone che hanno lasciato la Calabria nell’ultimo anno. Dalle statistiche emerge anche che quasi la metà degli abitanti è a rischio esclusione sociale e i redditi sono così bassi che la regione è oggi considerata la più povera in Europa.

Emigrazione e disoccupazione, Calabria da record

Studiare non basta per riuscire a restare. Lo documentano i numeri dell’Istat. La Calabria è in Italia la regione che perde, rispetto ai residenti, più giovani laureati l’anno. Persone che scelgono di emigrare all’estero o di trasferirsi nelle aree del Centro-Nord, scappando dalle province che appaiono essere le meno attrattive del Paese: Reggio Calabria e Crotone. Secondo Eurostat, mentre a 3 anni dal termine degli studi universitari l’81% degli europei in media trova un posto di lavoro, per i calabresi laureati la percentuale di impiegati scende al 36%. Per le donne accedere al mercato occupazionale calabrese è quasi un privilegio: solo il 28% lavora ed il 35% delle laureate non ha un impiego. Ciò significa che più di 7 su 10 sono disoccupate (dati Osservatorio Sviluppo Locale Regione Calabria). Ed anche su questo fronte la Calabria appare ultima in Italia e in Europa.

Controesodo natalizio e caro-biglietti

Decine di giovani e adulti affollano in queste ore le corsie dell’autostazione di via delle Medaglie d’Oro a Cosenza. È il controesodo delle vacanze natalizie. Rientrano dalle ferie in bus per ammortizzare il selvaggio aumento dei prezzi dei biglietti che ha travolto in quota parte anche i trasporti su gomma. Un viaggio sola andata da 16 ore in pullman con Flixbus da Cosenza a Milano il 5 gennaio infatti costa ben 125 euro, da Paola con Trenitalia invece la tariffa varia da 198 a 228 euro, in aereo con Ryanair da Lamezia oscilla da 278 a 377 euro.

In partenza dall’autostazione: “Qui non c’è futuro”

“Ho 45 anni – dice un uomo che aspetta seduto sulle panchine delle pensiline – e dal 2021 vivo in Lombardia. Ero emigrato in Germania poi sono tornato e in assenza di alternative sono dovuto nuovamente a partire. Il nostro è un pellegrinaggio che si ripete ormai da secoli. I nostri nonni abbandonavano la Calabria con le valige di cartone, noi con il trolley. Cosa è cambiato? Le politiche sul lavoro nella nostra regione hanno fallito. Non è una scelta partire, ma è una costrizione: qui non c’è futuro”. C’è poi chi non ha mai neanche pensato lontanamente all’ipotesi di un rientro. “Vado in Spagna, vivo lì da 20 anni – spiega un’istruttrice di pilates – e ci resterò. Mi dispiace che siamo la regione con più disoccupati d’Europa, ma sicuramente credo che anche se riuscissi a trovare un lavoro non tornerei a Cosenza”.

Mamme rassegnate: “Prima o poi sarebbe partito”

Ai lavoratori si somma l’ampio bacino di studenti fuorisede. E di genitori (quasi) rassegnati. “Se non fosse partito ora che ha 20 anni per studiare a Milano – afferma una madre che saluta il figlio appena salito sul bus – lo avrebbe dovuto fare dopo la laurea. È un triste dato di fatto. La speranza è che trovi poi in Italia lavoro come ingegnere informatico e non debba emigrare all’estero dove sono costretti a trasferirsi tanti giovani professionisti per realizzare i propri sogni. Certo intere famiglie stanno rientrando, lo vediamo in provincia di Crotone dove abitiamo e questo è un segnale di speranza che mi auguro acceleri sempre più i ritorni. Capisco però che i nostri sono territori caldi dal punto di vista criminale, in tanti scappano anche per far crescere i propri figli nella legalità, in un ambiente sereno dove non si rischia di andare in un bar e assistere ad accoltellamenti o sparatorie. Allo stesso tempo i vantaggi del rientro non sono pochi, soprattutto se si considerano gli affetti, il clima e i ritmi meno frenetici”.

 

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