Cosenza: la lettera dell’Equipe Multidisciplinare che si occupa di ‘sopravvissuti a tortura’ al presidente Occhiuto

Psicologi e mediatori parlano di "un velo di incertezza in merito alla prosecuzione delle attività di riabilitazione all'interno della sede operativa per le attività dell'equipe"

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COSENZA – Una lettera rivolta al presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto per portare alla sua attenzione le attività del centro che prende in carico i richiedenti internazionali sopravissuti a tortura. La sede si trova nell’area dell’ex INAPLI di fianco al centro Roberta Lanzino.

“Gentile Presidente, con questa lettera intendiamo metterLa a conoscenza dell’esistenza della nostra equipe socio-sanitaria nata per favorire l’emersione, la diagnosi, la presa in carico dei richiedenti e titolari di protezione internazionale sopravvissuti a tortura. Lo facciamo pur condividendo dal lontano 2015 uno spazio all’interno della struttura della Regione Calabria, nello stabile dell’ex INAPLI a Cosenza. Siamo però quasi certi che Lei non conosca la nostra esperienza, non essendoci mai state interazioni tra la nostra equipe e la Sua amministrazione”.

L’equipe

“Nasce nel 2012 e rappresenta un’esperienza unica, non solo in Calabria ma in tutto il Sud Italia, perché rappresenta un tentativo di coordinamento tra il privato sociale e le istituzioni, anche in ottemperanza al Decreto del Ministero della Salute del 3 agosto 2017. Tale decreto stabilisce che ogni ASL debba dotarsi di un’equipe multidisciplinare per supportare il sistema sanitario nell’individuazione precoce dei sopravvissuti a tortura intenzionale e garantire una presa in carico efficace attraverso interventi appropriati e uniformi su tutto il territorio nazionale.

Dal 2012 – anno della costituzione dell’equipe multidisciplinare di Cosenza – ad oggi, sono quasi mille i percorsi di riabilitazione portati avanti nei confronti di richiedenti e titolari di protezione internazionale. Nonostante si ritenga sia una pratica medievale, la tortura è tutt’ora presente in ogni angolo del pianeta ed ha visto le sue modalità evolversi in modo sempre più creativo. La letteratura internazionale è concorde nell’affermare che la popolazione dei rifugiati e richiedenti asilo sperimenti una condizione di salute fisica e mentale significativamente peggiore rispetto alla popolazione generale. Infatti, la violenza intenzionale a cui questa popolazione è generalmente sottoposta determina gravi conseguenze sia in ambito fisico e neurobiologico, che psicologico, sociale ed economico con effetti a breve e a lungo termine. Tra i migranti che arrivano in Italia una grande percentuale è stata vittima di violenza intenzionale e in terra di migrazione si trovano spesso sospesi in un limbo privo di definizione sociale e di identità”.

“L’equipe, nel corso dei 13 anni di attività – viene spiegato nella lettera – ha sopperito a una grave carenza da parte delle ASP, e ha contribuito a decongestionare i Centri di Salute Mentale del territorio i quali si troverebbero, altrimenti, a doversi fare carico di un numero drammatico di migranti forzati e a dovere mettere in atto azioni e percorsi di tutela della salute nei sopravvissuti a tortura, sia in termini di prevenzione che di assistenza, cura e riabilitazione. La presenza di medici, psicologi e mediatori culturali adeguatamente formati sui traumi da tortura all’interno dell’equipe ha fatto sì che l’assistenza sanitaria offerta ai richiedenti protezione favorisse percorsi di individuazione precoce e adeguata cura, con un metodo multidisciplinare e multidimensionale”.

“Da qualche giorno però, su questa esperienza meritoria, la quale dovrebbe rappresentare un motivo di orgoglio per la Calabria, è calato un velo di incertezza in merito alla prosecuzione delle attività di riabilitazione all’interno della sede operativa per le attività dell’equipe. Struttura che, in ottemperanza agli impegni sanciti dal Protocollo di intesa per l’individuazione dei percorsi di cura nei confronti dei sopravvissuti a tortura, la Regione Calabria ha inteso mettere a disposizione dell’Associazione Culturale “La Kasbah” per le attività di riabilitazione attraverso il supporto degli specialisti dell’ASP e di medici volontari. Per questo motivo, Le chiediamo di comunicarci esplicitamente quale sia la volontà politica da parte della Regione Calabria in merito alla nostra permanenza all’interno dell’area, dal momento che nessuna comunicazione ufficiale ad oggi ci è pervenuta e che a quanto pare l’area sarà interessata, a breve, da lavori di ristrutturazione. Ci teniamo a sottolineare che attualmente l’equipe ha in carico moltissime persone, uomini, donne e anche molti minori e che tali percorsi non possano assolutamente essere sospesi in quanto processi di ricomposizione dei frammenti della mente e del corpo dei sopravvissuti a tortura. Si tratta di persone che portano addosso ferite visibili e invisibili, paralizzanti, che presentano problemi di salute complessi. Si tratta di donne ripetutamente stuprate nelle carceri dei paesi di transito, di giovani ragazzi torturati e seviziati, di minori con storie terribili alle spalle, ricattati, picchiati, torturati, denutriti. Percorsi che devono continuare e sui quali non può calare la scure della smobilitazione dall’area all’interno della quale operiamo. Confidiamo in una Sua cortese risoluzione alla situazione che si sta determinando e restiamo a disposizione per un eventuale confronto affinché tale esperienza non debba spegnersi”.

 

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