Cosenza, senza corrente il centro che ospita i sopravissuti a tortura: “Nessun preavviso dalla Regione”
"Riteniamo che si tratti di un atto gravissimo che non può passare sotto silenzio, non arretriamo di mezzo passo", denuncia l'equipe di medici e psicologi
COSENZA – A Cosenza il centro che prende in carico i richiedenti internazionali sopravissuti a tortura – che si trova nell’area dell’ex INAPLI di fianco al centro Roberta Lanzino – è senza luce. La denuncia arriva dall’equipe socio-sanitaria multidisciplinare che si occupa della riabilitazione fisica e psicologica nei confronti dei rifugiati dal 2012.
“Siamo consapevoli che, nell’attuale momento storico, istituzioni e alcuni strati della società preferirebbero che le persone delle quali ci occupiamo quotidianamente morissero in mare o dissanguate all’interno delle carceri libiche profumatamente pagate dai governi italiani”, scrivono gli specialisti del centro in una nota.
“L’equipe sociosanitaria per la riabilitazione dei sopravvissuti a tortura – scrivono in una nota gli specialisti – ha affrontato, soprattutto negli ultimi anni, migliaia di difficoltà. Gli specialisti che operano al suo interno – tutti gratuitamente – dal 2012 ad oggi hanno portato avanti percorsi di cura dai traumi da tortura nei confronti di 942 persone, di uomini, donne e minori con vissuti di violenza inenarrabili. La sua sede è all’interno dell’ex inapli della regione calabria, in uno dei capannoni in disuso. Da venerdì 7 gennaio, la Regione Calabria ha sospeso l’erogazione della corrente elettrica senza darne comunicazione alcuna. Ha di fatto spento le luci sui dolorosissimi percorsi di riabilitazione dei sopravvissuti a tortura. I nostri pazienti troveranno medici e psicologi ad accoglierli all’interno di una struttura fredda e buia. Riteniamo che si tratti di un atto gravissimo che non può passare sotto silenzio!”.
“Una decisione, questa, che mortifica il nostro operato e che mette a rischio il doloroso percorso di riabilitazione dai traumi da tortura nei confronti di richiedenti e titolari di protezione internazionale. Non è nostra intenzione arretrare di mezzo passo rispetto al nostro operato – conclude la nota – nei confronti di persone estremamente fragili e traumatizzate, spesso considerate dalle istituzioni e dalla società alla stregua di rifiuti e scarti umani. Auspichiamo una solerte risoluzione della questione da parte della Regione Calabria nella ferma convinzione che al nostro posto resteremo!”.