Il quarantacinquenne Giacomo Cara fu freddato a colpi di pistola a Piano Monello all’interno di un cantiere.
CATANZARO – La sua morte diede il via alla lunga scia di eccidi che insanguinarono Cosenza e il suo hinterland. Un omicidio portato a termine con estrema freddezza da due giovani forse inconsapevoli delle conseguenze a cui avrebbe portato. Il quarantacinquennne Giacomo Cara cade a terra esanime dopo aver ‘incassato’ dieci proiettili calibro nove. Condannare i due collaboratori di giustizia Vincenzo Dedato e Francesco Amodio. È questa la richiesta avanzata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni al gup Giovanna Gioia nel processo con rito abbreviato per l’omicidio di Giacomo Cara avvenuto il 3 maggio 1999 a Rende. In particolare il pm ha chiesto che a Dedato venga inflitta una condanna a 10 anni di detenzione, mentre una pena di 4 anni è stata invece sollecitata per Amodio. Si tornerà in aula il prossimo 11 aprile per eventuali repliche e sentenza. Secondo gli inquirenti l’omicidio Cara sarebbe stato il primo della guerra di mafia che insanguinò Cosenza e il suo hinterland alla fine degli anni ’90. Il sorvegliato speciale venne assassinato con dieci colpi di pistola la mattina del 3 maggio 1999, nel cantiere di una casa in costruzione, a Piano Monello nella periferia borghese di Rende. A pochi mesi dall’omicidio Cara a via Popilia Francesco Bruni verrà ucciso dopo essere stato accerchiato dai suoi sicari. A passare a miglior vita saranno poi Marcello Calvano boss di San Lucido, Vittorio Marchio il ‘bandito in carrozzella’ a Serra Spiga, Enzo Pellazza a Carolei, Tonino Sena a Castrolibero, Benito Aldo Chiodo, Francesco Tucci, Antonio Forastefano, Giuseppe Cristaldi, il ‘contabile’ Carmine Pezzulli su Bosco de Nicola e l’imprenditore Sergio Perri e la moglie Silvana De Marco.