Il Comune intende smantellare la collezione della Casa delle Culture per ospitare una mostra della Questura di Cosenza, mentre una crepa ha già ‘divorato’ parte degli affreschi dell’ex aula consiliare
COSENZA – La collezione che racconta la storia dei cosentini rischia di finire in cantina. Il Comune di Cosenza ha ordinato lo sgombero dei locali della Casa delle Culture, in cui sono esposti vestiti e oggetti d’epoca, per ospitare una mostra della Questura di Cosenza. Un ‘trasloco’ temporaneo che dovrebbe essere eseguito da una cooperativa, incaricata dall’amministrazione comunale di spostare tutto ciò
che è attualmente esposto al primo piano, in un luogo di cui non è dato sapere. Un’operazione che, come spiega sia la Soprintendenza regionale sia la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle province di Cosenza, Catanzaro e Crotone attraverso i dirigenti Patamia e Pagano, viola la legge. Esiste infatti un decreto legislativo n. 42 del 2004 che vincola lo spostamento delle opere della Casa delle Culture di Cosenza ad una specifica autorizzazione che deve essere rilasciata dalla Soprintendenza.
Autorizzazione mai richiesta dal Comune di Cosenza che avrebbe, finora, inteso agire d’imperio. “Se dovessero iniziare a spostare le opere – tuona Pagano dalla Soprintendenza di piazza dei Valdesi – saremmo costretti a far intervenire le forze dell’ordine. Siamo noi a dover decidere, secondo quanto previsto dal codice dei beni culturali, se si possono rimuovere le opere. Dobbiamo essere, per legge, informati su dove e come verranno collocate, ma soprattutto su chi eseguirà il ‘trasloco’. Bisogna garantire sicurezza antropica (in modo che nessuno possa rubare nulla) e ambientale (affinché vengano conservate in un luogo con un microclima adatto)”. Informazioni mai comunicate neanche alla proprietaria di sete, gioielli, immagini e rari manufatti che dovrebbero essere temporaneamente ‘sbaraccati’: Irene Telesio. L’unica discendente della famiglia del filosofo del cinquecento
Bernardino Telesio non ha accolto di buon grado questa presa di posizione dell’amministrazione comunale.
“Se c’è un percorso museale – dice Irene Telesio – almeno i donatori dovrebbero essere informati su dove verranno trasferiti i propri beni. L’esposizione ha una logica in un determinato contesto. Sono oggetti che hanno valore storico, non economico. Fanno parte della mia famiglia, se non c’è la cura e l’interesse basta dirlo. Mi riprendo tutto, non ho problemi. Ne farò un altro uso, se devono gettare via le mie cose sarò io a deciderlo. Ne sono ancora proprietaria visto che la donazione non è stata mai formalizzata perché ogni volta che ero a Cosenza e andavo in Comune il funzionario preposto a questa funzione era assente. Avevo intenzione di donare altre cose, ma a questo punto sono così addolorata che credo di averci già ripensato. Mi dispiace molto, amo Cosenza e volevo condividere con i cittadini la memoria storica di cui sono depositaria”.
Intanto dalla Questura di Cosenza, il questore Giancarlo Conticchio precisa che l’idea era quella di mettere a disposizione dei cosentini dei cimeli della Polizia di Stato ed esporli nel
centro storico, quartiere oggi in stato di decadenza. “E’ un problema del Comune di Cosenza, – afferma il questore Giancarlo Conticchio – non nostro. Ci hanno proposto quei locali, li abbiamo visionati e abbiamo pensato che fossero funzionali ad ospitare la mostra. Se non sono state richieste le autorizzazioni necessarie da parte dell’amministrazione comunale e se esiste un vincolo, sono informazioni che non ci sono state comunicate. Sarebbe sconveniente trasformare un evento culturale in una spiacevole vicenda che lede la memoria collettiva della città. Non è questo l’intento della Questura di Cosenza”.
E mentre la diatriba tra Comune e Soprintendenza (che chiede di non esporre nelle sale della collezione Bilotti, ma in quelle attigue) si accende sul trasferimento temporaneo di vestiti, oggettistica e gioielli il solaio dell’ex aula del consiglio comunale è quasi a rischio crollo. Una vistosa crepa ha già intaccato gli affreschi di notevole valore artistico, dipinti dal noto pittore Rocco Ferrari nel 1889, che rappresentano i grandi pensatori cosentini tra cui Gioacchino da Fiore, Bernardino Telesio, Aulo Giano Parrasio e Galeazzo di Tarsia. Ritratti quasi ormai scomparsi per l’incuria e l’umidità. Pezzi di intonaco potrebbero verosimilmente cadere sulla testa di chi segue le numerose conferenze che si tengono nella sala Fausto Gullo, ma ciò sembra non preoccupare l’amministrazione comunale. All’ultimo piano, invece, la famosa sala proiezioni Ėjzenštejn è chiusa in quanto inagibile a causa di un cedimento strutturale su cui ancora non si è mai intervenuti.