Sul dissesto del Comune di Cosenza deciderà la Corte Costituzionale per una norma tutta da chiarire

Gli atti della Corte dei Conti regionale rimessi al supremo giudizio per questioni di legittimità. Dunque restano al momento candidabili nelle assemblee pubbliche l'ex sindaco Mario Occhiuto e i suoi ex assessori

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COSENZA – Detto in parole povere, allo stato attuale tutti gli ex amministratori e funzionari (sindaco compreso) che hanno gestito il Comune di Cosenza durante le consiliature di Mario Occhiuto nel periodo che va dal 2015 al 2018 (parte del primo mandato e parte del secondo), potranno ancora candidarsi a cariche elettive nelle assemblee pubbliche. Al momento non scatta alcuna interdittiva di incandidabilità. Si allungano infatti i tempi del procedimento che li riguarda (passerà almeno un altro anno nell’ambito dei vari passaggi in sede giudiziale) in quanto è stata sollevata una questione di legittimità costituzionale e di conseguenza la Corte dei Conti regionale ha pubblicato l’ordinanza con la quale accoglie la questione preliminare avanzata dai difensori dei convenuti ed estesa alla totalità dei soggetti a cui erano stati notificati gli atti (incluso Francesco De Cicco che non si è costituito in giudizio) ovvero dai difensori di Mario Occhiuto (per lui l’avvocato Benedetto Carratelli), Francesca Loredana Pastore (avv. Valerio Zicaro), Massimo Bozzo (avv. Oreste Morcavallo), Davide Bruno (avv. Giuseppe Carratelli), Carmine Manna (avv. Mario D’Urso), Rosaria Succurro (avv. Oreste Morcavallo), Luciano Vigna (avv. Gaetano Callipo), Francesco Caruso (avv. Carmelo Salerno), Matilde Spadafora (avv. Benedetto Carratelli), Michelangelo Spataro (avv. Benedetto Carratelli), Carmine Vizza (avv. Benedetto Carratelli) e del collegio sindacale composto da Giovanni Filice, Salvatore Bianco, Teresa Stumpo (per questi ultimi tre l’avvocato Giovanni Spataro), Nicola Francesco Barone, Francesco Segreti e Santo Torromini (questi ultimi tre seguiti dall’avvocato Agostino Conforti).

Il dissesto finanziario dell’ente e l’azione della Corte dei Conti

In sintesi, la Procura regionale della Corte dei Conti aveva rappresentato che nel luglio del 2019 la Sezione di Controllo per la regione Calabria, in seguito ad accertamenti, trasmetteva la deliberazione n. 106/2019 appurando il mancato rispetto degli obiettivi fissati dal Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale (PRFP). Il Piano era stato approvato dal Consiglio Comunale di Cosenza con l’atto di deliberazione N.5 del 9 febbraio 2013 e successivamente riformulato attraverso la deliberazione N.44 dell’11 luglio del medesimo anno (in ragione delle modifiche attuate con il decreto legge n. 35/2013). La deliberazione del 2019 della sezione di controllo della Corte dei Conti veniva poi confermata dalle Sezioni Riunite della suddetta Corte in speciale composizione, accertando l’obbligo del Comune di Cosenza di dichiarare il dissesto, poi avvenuto con la deliberazione n. 51 nel fatidico 11 novembre 2019.

E così, a distanza di cinque anni, nel 2024 (fra l’altro ad una manciata di giorni della prescrizione), ad amministratori ed ai funzionari è stata addebitata la mancata attuazione del PRFP senza il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Era stata richiesta dunque l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 248 comma 5 del Tuel sia rispetto alle incandidabilità per il ruolo politico-amministrativo o di nomina nel caso dei revisori, e sia per una sanzione pecuniaria quantificata in ragione delle retribuzioni mensili moltiplicate nell’arco del periodo incriminato (ad esempio si passa dai quasi 140mila euro per Mario Occhiuto ai circa 2mila per Massimo Bozzo).

La linea difensiva di ex sindaco ed ex assessori

Non è dichiarato espressamente, ma la maggior parte degli avvocati degli ex amministratori coinvolti nel procedimento, ha fatto opposizione all’atto notificato dalla Corte dei Conti regionale ponendo la questione sui diversi piani di responsabilità e sulle relative proporzioni di colpa eventuale. Va da sé, in pratica, che la “consapevolezza” del peso gestionale di un assessore al Bilancio non è sovrapponibile a chi si occupa ad esempio di eventi, ambiente, commercio, eccetera. Non si può quindi prevedere – come avrebbero evidenziato i legali nelle memorie difensive – una stessa sanzione automatica di dieci anni per tutti, che si agisca con dolo o con colpa grave. Il noto articolo 248 comma 5 del Testo Unico degli Enti Locali che è al centro della questione, dovrà ora essere bene esplicitato dalla Corte Costituzionale alla quale sono stati rimessi gli atti. Questa norma, prevede difatti una diversa responsabilità tra sindaco, assessori e componenti del collegio sindacale.

Se si dovessero accertare le effettive responsabilità di colpa, l’ex sindaco non potrà candidarsi a nessuna carica in assemblee pubbliche per un massimo assoluto di dieci anni, mentre discorso diverso andrà fatto per il collegio sindacale il cui tempo di ineleggibilità per lo status può arrivare fino ad un massimo di dieci anni (ma potrebbe essere di meno). Agli ex assessori invece dovrebbe essere comminata la sanzione finanziaria e la impossibilità di ricoprire alcune cariche espressamente previste dalla norma. Nel giro di quattro o cinque mesi, insomma, gli atti torneranno alla Corte dei Conti regionale, fermo restando che si dovrà per forza considerare quanto evidenzierà la Corte Costituzionale con il proprio valore decisorio per tutti i giudizi pendenti in materia con sentenze automaticamente applicabili erga omnes (nei confronti di tutti). Ciò che nel merito deciderà la Corte Costituzionale, quindi, sarà immediatamente attuato alla totalità degli altri giudizi sulla stessa questione.

Sulle orme del Comune di Belvedere

Analoga vicenda è quella di Belvedere Marittimo, in provincia di Cosenza. Anche qui, lo scorso febbraio, era stato appreso con soddisfazione l’esito del verdetto della Corte dei Conti che aveva accolto la tesi difensiva degli avvocati Vito Caldiero ed Oreste Morcavallo in favore di alcuni amministratori del Comune tirrenico. La vicenda riguarda la gestione finanziaria dell’ente nel periodo 2010-2018. Tra le varie argomentazioni, i difensori qui hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale di alcune norme del Tuel, evidenziando come le sanzioni previste, in particolare l’automatica interdizione di 10 anni dalle cariche pubbliche, risultino in contrasto con i principi costituzionali. Anche in questo caso, il procedimento è stato sospeso e gli atti sono stati trasmessi alla valutazione della Corte costituzionale.

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