Tumori in crescita, ma la Calabria non garantisce lo screening. Oltre la metà dei decessi nel Cosentino

La provincia più colpita per mortalità è quella di Cosenza dove risiede oltre la metà delle persone che in Calabria non sopravvivono al cancro

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COSENZA – Malattie oncologiche in crescita sul territorio calabrese. La provincia più colpita per mortalità è quella di Cosenza: 885 decessi nel 2021 su un totale regionale di 1.648, il 53%. Oltre la metà delle persone che non sopravvivono al cancro in Calabria risiede nel Cosentino. Preoccupano i numeri delle patologie neoplastiche nella Sibaritide dove nell’arco di pochi anni sono aumentate del 30%. A fronte di ciò le performance sulle diagnosi precoci, delle quali si occupa l’Unità Screening Oncologici e Registro Tumori dell’Asp di Cosenza diretta da Anna Giorno, sono sconcertanti.

La Calabria non è in grado di garantire lo screening

I tumori più frequenti in Italia sono quelli della mammella e del colon-retto. L’Unione Europea impone di assicurare l’offerta di screening per entrambi, oltre al cancro della cervice uterina, ad almeno il 90% degli aventi diritto in tutti i Paesi membri entro il 2025. La Calabria però non è in grado di garantire quanto dovuto in nessuno dei 3 programmi di monitoraggio e prevenzione. Anzi. Presenta dati talmente bassi da risultare allarmanti. È quanto emerge dal report I numeri del cancro in Italia 2023 redatto da AIRTUM (Associazione italiana registri tumori) in collaborazione con AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), Fondazione AIOM e PASSI (Progressi nelle aziende sanitarie per la salute in Italia).

I dati dello screening in Calabria

Lo scarto tra le adesioni allo screening in Calabria e quelle del resto delle regioni del Sud Italia è enorme. Se per le mammografie la Sicilia raggiunge l’obiettivo UE del 90%, la vicina Basilicata arriva al 69% e la popolosa Campania al 53%, la Calabria è ferma al 4,8%. Si tratta della regione che per l’AIRTUM si trova nella «situazione più critica perché di fatto non riesce a garantire il programma se non in maniera del tutto residuale». Maglia nera anche per quanto riguarda la prevenzione dei tumori del collo dell’utero dove viene coperto solo il 15,9% delle donne aventi diritto. Il peggiore risultato però si ha sul fronte dello screening colorettale: viene monitorato solo il 3,7% del target. L’impatto sulla salute della popolazione e sulla mortalità per i tre tipi di patologie oncologiche, con un servizio del genere, è di fatto marginale.

Fondi stanziati

Il Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria a settembre per gli screening del cancro della cervice, della mammella e del colon-retto ha liquidato alle Asp oltre 3 milioni di euro. Di questi solo 552mila sono stati assegnati Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, verosimilmente perché questa prima tranche di finanziamenti serve soprattutto a potenziare la disponibilità di macchinari che in parte sono già presenti sul territorio, mentre risultano essere carenti nelle altre Asp. Circa il 35% degli esami fino al 31 dicembre è stato effettuato dai privati, come previsto dal commissario per il piano di rientro dal debito sanitario Roberto Occhiuto.

Asp di Cosenza e screening oncologici

Come funzionano gli screening? I cittadini vengono invitati, tramite una lettera recapitata all’indirizzo di residenza, a contattare gli uffici dell’Asp per prenotare la prestazione gratuita. Un passaggio molto delicato dove i cosentini che dovrebbero accedere al servizio sembrerebbe scompaiano nell’ultimo passaggio: il recarsi in ambulatorio per la mammografia, il Pap-test, l’HPV test, la consegna delle feci per la ricerca del sangue occulto o la rettosigmoidoscopia. Sulla metà della popolazione degli aventi diritto, l’Unità Screening Oncologici e Registro Tumori dell’Asp ha invitato, con tale procedimento, il 41% degli aventi diritto a eseguire gli esami diagnostici. La risposta però, tranne sul fronte delle mammografie, è inferiore rispetto ai già pessimi risultati regionali. La percentuale di adesioni è al 16% per lo screening alla mammella, il 4% per quello del collo dell’utero e il 2% per il colon-retto.

Perché i cosentini non aderiscono allo screening oncologico?

Post Covid le adesioni agli screening sono crollate in tutta Italia. Le ripercussioni della pandemia in Calabria, che già si trovava in una situazione deficitaria, sono più evidenti. Non è chiaro il motivo per il quale i residenti della provincia di Cosenza rifiutino di sottoporsi a esami diagnostici gratuiti e programmati con ampio anticipo. Un fenomeno, ad oggi, inspiegabile. Sull’effettivo recapito degli inviti ai singoli cittadini non è dato sapere. Di certo l’alto numero di residenti, che supera le 700mila unità, non aiuta a monitorare facilmente il territorio. La diffusa diffidenza nei confronti delle strutture sanitarie cosentine, così come gli strascichi del Covid con il relativo timore di potenziali contagi, potrebbero incidere sulle scarse adesioni. Si tratta di un’ipotesi che lega il fallimento degli screening a fattori culturali, alla tendenza a non rendere prioritaria la prevenzione, nonostante sia noto come diagnosi precoci aumentino la speranza di vita. La colpa però non è detto che sia attribuibile agli stessi pazienti. Dove si inceppa l’ingranaggio non è noto. Cosa non funzioni resta, per ora, un mistero.

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