Estorsione ai danni di una 35enne cosentina, condannato il datore di lavoro
La donna dopo aver partecipato ad un bando della Regione Calabria per uno stage retribuito è stata costretta a dare all’imprenditore di Montalto circa 800 euro al mese
COSENZA – Dare oltre la metà dello stipendio al titolare o dimettersi. Sono queste le condizioni che l’imprenditore 47enne di Montalto Uffugo, Giovanni Magliocchi, ha imposto a una sua dipendente. Una minaccia di licenziamento poco velata, che al termine di un lungo procedimento penale avviato nel 2017, lo ha portato a incassare una pena definitiva di 3 anni e 5 mesi di reclusione. La Corte di Cassazione il 22 gennaio 2025 ha infatti messo fine a un incubo professionale per una 35enne cosentina, confermando la condanna per estorsione emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro a carico del suo ex datore di lavoro.
La sentenza ribaltata
La donna lavorava per la Olivicola Cosentina Società Cooperativa di Massimo Magliocchi, padre dell’imputato che in primo grado era stato assolto dal reato di estorsione. Il Tribunale di Cosenza per entrambi aveva però riconosciuto la truffa commessa ai danni dell’INPS in virtù del rapporto professionale istaurato con la 35enne che, difesa dall’avvocato Gianpiero Calabrese, ha impugnato la sentenza ottenendo giustizia. L’uomo, inizialmente posto agli arresti domiciliari, prima di essere denunciato pretendeva di incassare metà del salario corrisposto in busta paga alla lavoratrice. In caso contrario la dipendente avrebbe dovuto firmare immediatamente le dimissioni perdendo il sussidio di disoccupazione.
Dal bando dalla Regione all’estorsione
Il lavoro era stato ottenuto dalla 35enne partecipando a un bando della Regione Calabria che prevedeva un corso di formazione e uno stage (retribuiti) nelle aziende aderenti all’iniziativa. Imprese che godono di altri incentivi economici quando assumono a tempo indeterminato lo stagista. Terminato il tirocinio, dopo un periodo di prova di 5 mesi, le è stato chiesto di barattare il rimborso spese che le avevano promesso, ma non le era mai stato corrisposto con un contratto presso la Eurosinergy Consulting di Giovanni Magliocchi. Accettato lo scambio la lavoratrice ha continuato a svolgere le sue mansioni nella cooperativa Associazione Olivicola Cosentina anche se sulla carta operava a Montalto Uffugo nell’azienda nella quale era stata appena assunta. Dopo un mese il titolare dice di avere difficoltà economiche e chiede di restituirgli (temporaneamente) quanto le veniva versato come stipendio. Delle 1.300 euro percepite poteva trattenere solo 500 euro.
Gli stipendi non versati
Ogni mese, per oltre un anno, la donna doveva prelevare 800 euro dal proprio salario e consegnarli in contanti a Giovanni Magliocchi. A dicembre 1.100 euro, per la tredicesima. In totale la lavoratrice all’epoca 26enne ha così versato nelle tasche dell’imprenditore ben 9.300 euro. L’alternativa era rassegnare le dimissioni per evitare all’azienda sanzioni che sarebbero potute scaturire dall’ingiusto licenziamento. Una soluzione accettata a fronte dei ritardi nei pagamenti di più mensilità, dietro un’altra promessa: ricevere un contratto a tempo determinato alla Olivicola Cosentina e tutti gli stipendi arretrati. Padre e figlio però non diedero alla ragazza né i salari vecchi né quelli maturati con il nuovo contratto a tempo determinato. Scaduto questo, Massimo Magliocchi (che rivestiva anche la carica di presidente del Comitato Promotore IGP Olio di Calabria), su insistenza della donna che chiedeva di ricevere il pagamento per le prestazioni fornite, le comunicò che non prevedeva rinnovi e che non aveva nulla a pretendere. Da qui è partita la querela della lavoratrice che ha portato Massimo e Giovanni Magliocchi ad essere condannati anche per aver indotto in errore l’INPS ottenendo, in termini di sgravi contributivi, un ingiusto profitto pari a 8.500 euro. Soldi che in questo caso sarebbero stati dei contribuenti.