COSENZA – “Ho appreso dalla stampa che i tre consiglieri comunali, che hanno abbandonato il gruppo consiliare del PD a palazzo dei Bruzi, hanno annunciato di inoltrare ricorso avverso alla decisione della commissione di garanzia provinciale, autorevolmente presieduta dall’avv. Salvatore Perugini, che ha disposto la cancellazione dell’anagrafe degli iscritti dei loro nomi”. È quanto scrive in una nota la Segretaria PD della città di Cosenza Rosi Caligiuri.
“Ovviamente -scrive Caligiuri – quella di ricorrere alla commissione di garanzia regionale è una loro legittima scelta. Ciò che appare quantomeno discutibile è che venga fatta trapelare l’indiscrezione secondo cui sarebbe stata già assunta la decisione, a cui perverrà l’organismo regionale, di annullare il dispositivo della commissione provinciale di garanzia. Francamente, se ciò dovesse essere vero, sarebbe davvero un modo bizzarro di interpretare lo statuto del partito, che in maniera inequivocabile afferma il principio secondo il quale chi viene eletto in una lista del PD deve essere iscritto al gruppo consiliare dello stesso partito. Sarebbe, dunque, alquanto anomalo il fatto che il PD calabrese possa legittimare i propri eletti nelle varie istituzioni a fare liberamente ciò che vogliono senza avere la responsabilità di esercitare i diritti e i doveri richiesti agli iscritti al partito e contravvenendo al mandato ricevuto dagli elettori”.
“Francamente – prosegue – trovo assolutamente fuori luogo questo atteggiamento di strumentale vittimismo: nessuno vuole espellere nessuno, sono loro che hanno lasciato il gruppo del PD. Sarebbe sufficiente che, invece di attorcigliarsi in ricorsi e controricorsi, i tre consiglieri comunali così come invocano il riconoscimento della loro iscrizione al PD, ritornassero coerentemente a fare parte del gruppo consiliare del PD (come più volte gli è stato chiesto anche tramite la stessa commissione di garanzia e, puntualmente, i tre hanno rifiutato). Nulla osta a questo percorso. Ciò che sarebbe inaccettabile è pretendere di essere nel PD e poi essere altro dalla rappresentanza del PD in sede istituzionale, con l’intento, magari in autonomia, di contrattare un posto in giunta o di godere di tutti i benefit previsti per un gruppo consiliare e il suo capogruppo nell’ambito dello svolgimento delle attività istituzionali. Questa sì è, prima ancora che una questione politica o di coerenza istituzionale, una questione etica e morale”.
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