Il vortice di bugie di Rosa «non sapevo come uscirne». Le chat con Moses «dopo ti mando la foto dell’amore nostro»

Da una bugia un vortice di menzogne, tenute in piedi da Rosa che il 21 gennaio, dopo aver annunciato la nascita di un figlio, rapisce e porta a casa la piccola Sofia

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COSENZA – Da una bugia, un castello di menzogne dal quale non è riuscita più ad uscire. E’ quanto emerge dal racconto di Rosa Vespa, 51 anni, di Cosenza, che dopo 9 mesi in cui ha finto di essere incinta, ha rapito lo scorso 21 gennaio la piccola Sofia, di un giorno di vita, dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza. Un sequestro che, lei stessa ribadisce, ha compiuto da sola. Sofia è stata ritrovata dalla Polizia dopo circa tre ore in un appartamento di Castrolibero dove i poliziotti, hanno trovato una scena surreale: una festa, confetti, bomboniere, un culletta, parenti che davano il benvenuto, con tanto di fiocco azzurro alla porta, ad Ansel. Il cognato ad un tratto si sarebbe accorto che in rete stava circolando il video che ritrae Rosa e il marito uscire dalla clinica con la bambina e, alla richiesta di spiegazioni lei risponde “si sono io”. Quando arrivano i poliziotti in casa, un agente le chiede della gravidanza, e Rosa Vespa intimorita dichiara «Non c’è mai stata». Dettagli emersi nel corso della trasmissione Quarto Grado.

La donna che ha raccontato la sua versione dei fatti, interrogata nel carcere di Cosenza, ed ha risposto a tutte le domande del gip Claudia Pingitore e del pm Antonio Bruno Tridico, spiegando che da una bugia ne sono state costruite tante altre e ad un certo punto, avrebbe voluto anche dire la verità al marito e ai familiari, ma non ci sarebbe riuscita. Inoltre, non avrebbe avuto nessuna intenzione di fare del male alla piccola.

E il suo castello di menzogne nel tempo si è riempito di oggetti e vestiti per la nascita del bimbo, ecografie e certificazioni mediche false, la nascita annunciata con un post su Facebook con la manina di un neonato. Ma quel 21 gennaio era vicino, e lei sarebbe dovuta tornare a casa con il piccolo Ansel. Rosa ha riferito nell’interrogatorio di non aver mai partorito nè abortito, ma di nutrire sì, un grande desiderio di diventare madre. Poi ha ribadito di aver fatto tutto da sola, scagionando il marito che era stato tenuto all’oscuro di tutto. Quel rapimento non lo aveva pianificato e non sa spiegare cosa le sia passato per la testa. Così è andata avanti in direzione di quella grande bugia. Prima di quella di Sofia, è entrata in un’altra camera. Il resto è quello che è emerso dalle telecamere di sorveglianza interne ed esterne alla struttura.

La posizione di Moses

Le aveva mostrato certificati medici ed ecografie, la pancia era credibile vista anche la corporatura della donna, e tutto sembrava andare nella direzione che sarebbe diventato presto papà. Moses, 43 anni, scarcerato al termine dell’interrogatorio e dell’udienza di convalida, per un periodo di tempo si è dovuto recare nel suo Paese, per la scomparsa della madre. Rientrato in Italia, compare in una foto in cui bacia il pancione di sua moglie che intanto aveva ingannato tutti, familiari compresi. Al marito racconta che in clinica non può accedere, tra casi Covid e burocrazia.

E poi ci sono le chat di Whatsapp; quelle di una coppia che è felice per la nascita di un bambino, che sono stati diffusi da Quarto Grado: «Amore mio, non ti fanno entrare – scrive Rosa al marito – ma io sono tranquilla ora. Guarda Whatsapp che dopo ti mando la foto dell’amore nostro». Moses riceverà anche un mesaggio di quella che dovrebbe essere un’infermiera la quale scrive «sua moglie ha partorito, un bimbo di 3 chili e 250 grammi. Tra poco la faccio chiamare. Parto naturale, nessun punto». Rosa avrebbe dato anche le indicazioni al marito di pubblicare un post sui social subito dopo la nascita del bimbo: «quando nasce, pubblica questo: ‘dopo tanta attesa il nostro miracolo è arrivato! Mamma e papà ti amano, benvenuto piccolo Ansel’». Rosa aveva anche inviato a Moses una foto di un neonato accompagnata dal messaggio «Amore, Anselmo dorme”.

messaggi rosa vespa

Ma il 21 gennaio arriva in poco tempo e quel giorno, lei avrebbe dovuto riportare quel figlio a casa. Entra nella clinica intorno alle 17, fa su e giù fino alle 18.30. Lui entra, aspetta in sala d’attesa con un ovetto pronto a portare a casa il suo bambino. Lei esce da una stanza con Sofia in braccio, lui la invita a deporla nel porte enfant ma Rosa, continua a tenere la piccola in braccio, coprendola. Poi entrano in auto e si dirigono verso la festa organizzata in quell’appartamento di Castrolibero dove, da lì a poco sarebbe arrivata la Polizia a smascherare tutto e a riprendere la neonata per riportarla tra le braccia di una madre disperata.

E la prigione di bugie di Rosa si sbriciola come un castello di sabbia. I magistrati che hanno sentito Moses non hanno alcun motivo per ritenere che non possa tornare libero anche se si attende di capire se la sua posizione sarà archiviata. Per Rosa invece, l’avvocato che la difende, ha chiesto l’ingresso di un medico che avrebbe anche competenze di natura psichiatrica.

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