Inchiesta ‘Crypto’, nacrotraffico tra Rosarno a Cosenza: chiesta la conferma di 55 condanne

Ieri, la procura generale ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado, con condanne che vanno da un massimo di 20 anni e un minimo di due

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COSENZA – Era il 2021 quando la Guardia di Finanza fece scattare un blitz contro il narcotraffico che ha consentito di sgominare una complessa consorteria criminale, che faceva capo e delle ‘ndrine Molè-Piromalli e Pesce-Bellocco operanti, rispettivamente a Gioia Tauro  e Rosarno. Il traffico di stupefacenti – emerso nell’inchiesta Crypto – aveva ramificazioni anche nella zona di Amantea e Cosenza, riconducibile rispettivamente a Francesco Suriano, esponente di spicco della “’ndrina Gentile“, e a Roberto Porcaro, reggente della “’ndrina Lanzino“;

Il processo d’appello vede 58 imputati (tre assolti in primo grado) implicati nell’inchiesta “Crypto” e che hanno scelto di essere giudicati il rito abbreviato. Ieri, la procura generale ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado, con condanne che vanno da un massimo di 20 anni e un minimo di due. Tra i condannati (fino a 20 anni) figura Giuseppe Cacciola, Bruno Pronestì, Vincenzo Raso, Domenico Certo, Nicola Certo, Francesco Cambria, Roberto Porcaro, Francesco Suriano.

“Agguerrita consorteria di stampo ‘ndranghetista”

L’inchiesta ha consentito di disvelare l’esistenza di un’agguerrita consorteria calabrese di stampo ‘ndranghetista, estremamente organizzata, composta da numerosi accoliti e dotata di una vera e propria flotta di mezzi necessaria per far giungere a destinazione la cocaina. I soggetti, deputati alla pianificazione delle importazioni e al successivo smistamento della droga sul territorio nazionale, operavano in un’ottica prettamente aziendale, che poteva contare sull’utilizzo di SIM tedesche e sulla possibilità di recuperare e modificare ad hoc numerose autovetture, dotate di complicatissimi doppifondi, così da renderle praticamente “impermeabili” ai normali controlli su strada da parte delle Forze di Polizia.

Il modus operandi

Consisteva nel reperire la droga dai paesi fornitori, da lì veniva trasportata a Rosarno via terra, occultato in autovetture appositamente predisposte e con improbabili “doppifondi” e successivamente, grazie alla vasta ramificazione dell’organizzazione criminale, venivano rifornite molteplici “piazze di spaccio” italiane. Il gruppo criminale operava a stretto contatto con un cittadino della Repubblica Dominicana, Humberto Alexander Alcantara, il quale, tramite la sua attività d’intermediazione, assicurava contatti diretti con fornitori sudamericani stabilitisi in varie parti d’Europa.

In particolare, nell’aprile del 2018, Giuseppe Cacciola e Nicola Certo, si recavano a Barcellona (Spagna) da un contatto di Alcantara, al fine definire i dettagli di un’importazione di narcotico dal Sudamerica. Sempre nel 2018, nel mese di luglio, i due si recavano in Belgio, dove incontravano un altro contatto del dominicano.

Altro personaggio con un ruolo di primo piano nell’organizzazione, per quel che riguarda la sua proiezione internazionale, era Marco Paladino soggetto legato alla ‘ndrina Gallace di Guardavalle (Cc) e stabilmente residente a Deltmond (Germania). Quest’ultimo, seguendo le specifiche direttive del sodalizio rosarnese, aveva sia la funzione di procacciatore di convenienti partite di narcotico dal Nord Europa (Germania, Belgio e Olanda), sia funzioni di corriere fino al territorio calabrese. A riprova della costruzione investigativa posta in essere dalla Guardia di Finanza, sono state effettuate alcune perquisizioni veicolari, con successivi riscontri, all’ingresso nel territorio italiano. Le indagini hanno cristallizzato l’uso della consorteria di numerose SIM tedesche che, da Rosarno comunicavano in maniera “citofonica” con altri cellulari con numerazione tedesca sparsi sul territorio nazionale. Queste SIM, acquistate in Germania e intestate a soggetti di comodo, ovvero senza intestatari, rendevano ancor più difficile l’identificazione degli usuari delle diverse utenze.

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