COSENZA – Ancora scossa e sotto shock per quanto accaduto Valeria, la mamma della piccola Sofia, rapita dalla clinica sacro Cuore di Cosenza da Rosa Vespa e ritrovata dalla polizia nel giro di poche ore, ha dato mandato ad un legale. Sarà l’avvocato Chiara Penna a supportare la donna che «ha deciso, come è suo diritto, di avvalersi di una difesa tecnica e di propri consulenti».
«La fiducia negli inquirenti è massima – ha spiegato l’avvocato Penna evidenziando che – la nostra attività è di supporto e affiancamento rispetto a quella svolta dal pubblico ministero ed eventualmente di integrazione ad essa. È anche possibile – conclude il legale della donna – che la signora Chiappetta proponga a breve un atto integrativo di querela, per portare a conoscenza dell’Autorità giudiziaria nuove circostanze meritevoli di indagine approfondita anche nei confronti di altri soggetti». La famiglia vuole capire se davvero Rosa Vespa abbia fatto tutta da sola o sia stata aiutata da altre persone, magari in clinica. Il Gip di Cosenza, lo ricordiamo, ha confermato la custodia cautelare in carcere per il sequestro avvenuto martedì scorso della neonata, solo per la 51enne, disponendo invece la scarcerazione immediata per il marito, Moses Omogo Chidiebere che ha sempre dichiarato di essere allo scuro di tutto così come l’intera famiglia.
Nell’ordinanza che ha portato alla scarcerazione, il gip Pingitore scrive: «emerge un asimmetrico rapporto di coppia nel quale l’Omogo si pone in una posizione di piena accondiscendenza e cieca fiducia nei confronti della Vespa, molto probabilmente anche perchè rappresenta il suo unico punto di riferimento familiare e affettivo in Italia. Non irragionevole quindi il suo completo affidarsi alle parole della moglie la quale, consapevole della influenza esercitata sul compagno, ne approfittava, imbastendo, mese dopo mese, quella folle sceneggiata». Ed ancora, si legge nell’ordinanza che «Si potrebbe obiettare che appare impossibile che l’Omogo non si sia mai avveduto del finto stato di gravidanza della moglie convivendo nella stessa abitazione e condividendo lo stesso letto. Ciò, tuttavia, era possibile in ragione della effettiva trasformazione fisica subita dalla Vespa durante quei mesi, del tutto analoga a quella delle donne incinta».
«L’indagata era precipitata in quella che lei stessa descrive una situazione di forte disagio psicologico in cui, a 52 anni, si sentiva una donna a metà perché non era riuscita a realizzare il suo sogno di avere una bella famiglia e dei figli». Per Rosa Vespa, che si trova nel carcere di Castrovillari, il proprio legale ha chiesto una perizia psichiatrica per valutare lo stato mentale della donna.