Donato Bergamini, chiesti 23 anni per Isabella Internò. Il PM «è la mandante di un omicidio premeditato»

Per la Procura di Castrovillari Isabella internò è la mandante dell'omicidio di Donato Bergamini e deve essere condannata a 23 anni. Ucciso per aver lasciato la donna che non avrebbe mai sposato nemmeno se avesse tenuto il figlio

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COSENZA – Isabella internò deve essere condannata a 23 anni di reclusione. Questa la richiesta della Procura di Castrovillari nei confronti dell’ex fidanzata di Bergamini, unica imputata nel processo sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza, avvenuta lungo la Statale 106 a Roseto Capo Spulico il 18 novembre del 1989 dove si reca, spiega l’accusa, «in una situazione di preoccupazione e di timore». Per la Procura «è lei la mandante dell’omicidio» con l’aggravante della premeditazione, dei motivi abietti e futili e di una «successiva macabra messa in scena del camion e del tuffo». Escluse invece, altre aggravanti come l’aver agito con sevizia e crudeltà.

Falsa testimonianza: chiesta trasmissione degli atti

Nel formulare la richiesta di condanna, la Procura ha chiesto la trasmissione degli atti per falsa testimonianza di Assunta Trezzi, Concetta Tenuta, Dino Pippo e Roberto Interò, Michelina Mazzuca, Luigi D’Ambrosio e Raffaele Pisano.

Ucciso per aver lasciato la Internò

Per l’accusa, le motivazioni che hanno portato alla sua morte, sono quelle dell’aver lasciato la Internò e che non avrebbe mai sposato la donna anche se avesse tenuto il figlio. Per il PM la morte di Bergamini è la realizzazione del progetto della Internò per una questione di onore «se non torna con me lo faccio ammazzare. È un uomo morto». Primicerio ha parlato di “una escalation di ossessione da parte della Internò verso Bergamini fino sua alla morte”. Per la pubblica accusa sul luogo della morte era ipotizzabile che ci fossero altre persone. «Pur di salvare l’onore non ha esitato a uccidere il suo fidanzato e ad aver abortito al 5 mese. Merita le attentanti generiche perché sono passati 35 anni e perché si oggi la Internò è una persona diversa».

Nel secondo e ultimo giorno di requisitoria, i PM ieri hanno ricostruito tutti gli elementi, il ruolo e il coinvolgimento della Internò, con le motivazioni che hanno portato a premeditare e poi far realizzare l’omicidio. In particolare il PM Primicerio ha ripercorso tutte le dichiarazione dei vari teste ascoltati nei 3 anni di processo e tutti hanno evidenziato la gelosia della donna nei confronti di Bergamini che oramai aveva già una nuova fidanzata (la Alleati) e che era preoccupato. Imperdonabile, al calciatore, il fatto che aveva deciso non sposare la Internò nonostante fosse incinta. Avrebbe riconosciuto il figlio ma non l’avrebbe spostata. E per questo la Internò decise di abortire.

“Fondamentali e importantissime le dichiarazioni della Rota”

Per la Procura sono state importantissime anche le dichiarazioni di Tiziana Rota (moglie di Lucchetti) che, come spiega il procuratore D’Alessio, non ha motivazioni di accusa e costituisce un elemento importantissimo in questo processo ed è assolutamente credibile. Una testimone che racconta fatti riscontrati anche dai racconti di altri testimoni e che una volta ascoltata di ti dice: «non la condannate, è una donna diversa ha due figli».

«La Rota ci dà, nella sua credibilità, una chiave di lettura concorde: aveva abortito perché non poteva accettare un figlio nato fuori da un matrimonio. Quando io tornai giù il padre non sapeva nulla neanche che si erano lasciati».

D’Alessio “La Internò non si rassegnava al no di Bergamini”

Il primo a prendere la parola è stato nuovamente il procuratore D’Alessio: “ieri abbiamo trattato della ricostruzione della morte di Bergamini e indicato le fonti di prova a sostegno della nostra ipotesi. Donato Bergamini non si è suicidato ma è stato volontariamente ucciso. Un omicidio patriarcale. Oggi il quesito che vi sottoponiamo è; qual è il ruolo di Isabella Internò in questa morte”.

«L’imputata per sua stessa ammissione è l’unica che ha visto cosa è successo quella maldetta sera. Quindi è chiaro che siamo partiti da lei e dal suo racconto confrontandolo con la realtà e con le prove. Abbiamo dimostrato che la maggior parte di quello che ha detto è falso. Il rapporto di quella maledetta sera del 1989 era di chiusura totale di Bergamini verso la Internò. La donna cercava disperatamente di riallacciare il rapporto e non si rassegnava. E lo faceva in un modo che oggi definiremo di stalking: appostamenti, telefonate continue, richieste di sapere dove fosse Bergamini ai compagni di squadra».

Bergamini aveva paura, era intimidito

«Ma non vi sembra strano che un giovane calciatore affermato, idolo di una tifoseria, a 27 anni, che ha avuto il raddoppio dello stipendio (200 milioni delle vecchie lire), che ha una vita brillante, cercato dal Parma, decide di partire senza nemmeno lo spazzolino da denti, senza un soldo, per suicidarsi e senza una ragione plausibile. Ma quello che è ancora più incredibile e che lo abbia fatto con Isabella Internò. Bergamini aveva paura, era intimidito. E non dalla ‘ndrangheta, la droga o il calcioscommesse come è stato ampiamente accertato.  Decide di partire in compagnia con la Internò che in quel momento per lui era solo una persona che gli creava problemi?».

«Ma che ruolo ha la Internò? Di spettatrice, di complice? La Internò aveva il movente e aveva le ragioni. La Internò perde la testa quando Bergamini inizia a isolarsi a scomparire, cosa che accade quando due persone si lasciano. In quel momento, la prospettiva che un matrimonio potesse risanare la situazione è svanita quando Donato Bergamini ha fatto capire chiaramente che la storia era finita. Ed allora la Internò, che era incinta e non lo aveva detto praticamente a nessuno se non la mamma e la zia, venendo meno il matrimonio riparatorio ecco la seconda soluzione: sopprimere, cancellare la persona».

La gelosia ossessiva, l’aborto e il no al matrimonio

Il PM Primicerio «il punto di partenza è la relazione tra i due. Nel corso del processo è emerso che Bergamini giunge a Cosenza nel 1985 ed era fidanzato con una ragazza della sua zona. Tramite il portiere luigi Simoni conosce la Internò. Poco dopo i due avviano una relazione sentimentale. La prima fonte che ci parla di questo rapporto è proprio Luigi Simoni, compagno di casa di Bergamini dal 1985 fini a giugno del 1989. Era per questo anche un amico e testimone di tanti fatti che hanno riguardato il rapporto tra Bergamini e la Internò. All’inizio il rapporto funzionava, seppur condizionato da una lascia e prendi che si acuisce nel 1987. Nelle dichiarazioni di Simoni emerge una gelosia ossessiva fatta in pedinamenti, interrogatori, telefonate ad altri giocatori, visite a sorpresa e persino controlli sui vestiti. Bergamini era insofferente per questa sua gelosia e proprio per questo il loro rapporto era fatto di lascia e prendi».

«Anche Sergio Galeazzi innanzi a questa corte ha dichiarato che Bergamini lamentava la troppa gelosia della ragazza e che Bergamini avesse bisogno di spazio. Ma nel 1987 il rapporto tra i due si incrina ancora di più. La internò resta incinta e visto che Bergamini non aveva intenzione di sposarla decide di abortire al 5 mese e mezzo di gravidanza. E lo fanno a Londra visto che in Italia non era possibile».

«A luglio del 1987 incinta, accompagnata da Bergamini la Internò abortisce. La Zia, Assunta Trezzi, aiuta i due a rintracciare la clinica. Del viaggio per l’interruzione di gravidanza sapevano solo la mamma e la zia e non il padre. Non doveva saperlo come ci ha detto la Rota. Bergamini era pronto a riconoscere il figlio e a mantenerlo ma non avrebbe sposato la Internò. Lei decise di abortire proprio perché il calciatore non dava l’assenso al matrimonio riparatore. Per il padre, avere una figlia incinta e non sposata era un disonore.

Denis-Donato-Bergamini

Le dichiarazioni di Tiziana Rota “importantissime”

Primicerio ripercorre poi le dichiarazioni e il rapporto tra la Internò e Tizia Rota, moglie di Lucchetti, amica della Internò nel periodo in cui la donna si trovava a Cosenza dal 1987 fino a giugno del 1989 e sul suo racconto. In quel periodo raccolse le confidenze dell’imputata, sia dopo la fine della relazione con il centrocampista argentano che dopo la sua morte.  «È un teste importante che fornisce informazioni importantissime. E questo lo sanno anche alcuni componenti della famiglia Internò. La Rota frequentava stabilmente la casa della Internò una volta arrivata a Cosenza anche perché è stata la prima che ha conosciuto arrivata in citta, sono diventate grande amiche e con cui ha passato moltissimo tempo dormendo anche a casa sua. Tiziana Rota aveva paura di testimoniare. La Corte si è dovuta addirittura spostare per poterla ascoltarla. Una paura che emerge dalle intercettazioni. In un’intercettazione tra Lucchetti e Croci interviene proprio la Rota “quando ho visto i suoi cugini io ho avuto paura quando ho visto che personaggi.” Croci: “ma sono passati oltre 30 anni” ma lei ribatte “si ma sono ancora vivi”.

Tiziana Rota costituisce un elemento importantissimo in questo processo ed è credibile. Una testimone che ascoltata di ti dice: «non la condannate, è una donna diversa ha due figli». La Rota ci da nella sua credibilità una chiave di lettura concorde: aveva abortito perché non poteva accettare un figlio nato fuori da un matrimonio. Quando io tornai giù il padre non sapeva nulla, neanche che si erano lasciati».

Bergamini Isabella Interno

Anche per il Procuratore d’Alessio le dichiarazioni della Rota sono importantissime. Si incontrano a novembre del 1989 perché Tiziana Rota, memore del bel rapporto con la Internò, voleva fargli vedere la figlia. Si sono trovati a Commenda e La Internò “neanche guardava la bambina”. «Tizià lo perso lo perso per sempre (parlando di bergamini)». Il 6 novembre, a pochi giorni dalla morte nella sua lettura per la Internò Bergamini era perso per sempre ed è un dato oggettivo come privato. Il problema era come spiegare a chi non sapeva che era stata lasciata .  Deve tornare con me, è un uomo morto. Lo faccio ammazzare».

Nel corso degli anni, la teste aveva affermato che Isabella, incontrata poco dopo la fine della relazione con Bergamini, le avrebbe confidato che “se non poteva essere suo, meglio morto“. In quella stessa occasione, mentre stavano parlando, Internò vide avvicinarsi i suoi due cugini e fece segno a Rota di stare zitta, dicendole “se sanno che mi ha lasciato e gli dico dell’aborto e gli racconto la verità , lo ammazzano“. Questo 12 giorni prima della morte di Denis.

La lettera della Alleati ai genitori di Bergamini

Dopo che Bergamini era già morto la Alleati, che seppe della morte in TV, invia una lettera ai genitori di Bergamini presentandosi come l’attuale fidanzata del Calciatore. A Maggio 1989 inizia il loro rapporto e quando Denis muore la loro relazione è ancora in corso. “Secondo Donato la relazione con la Internò era finita perché disinnamorato e stalkerato. Se la ritrovava ovunque. Pressante, era proprio pressante, non lo lasciava praticamente vivere. Non aveva la libertà di muoversi perché con qualche scusa che giustificava la sua presenza se la ritrovava davanti secondo me perché lo voleva tenere d’occhio. Mi diceva che mi amava moltissimo, come non aveva mai amato nessuna, ero la donna della sua vita. Mi chiese di sposarlo lasciandomi di stucco. Nell’ultima telefonata, 16 novembre 1989, Sentii Denis strano e mi disse che non c’era nulla di particolare, e dopo qualche insistenza mi confessò che c’era qualcuno che gli voleva male. L’unico torto che posso aver fatto è quando ho lasciato Isabella, ricordati che siamo in meridione e sai come sono che poi aggiunse «l’ho lasciata e per qualcuno forse è stato un brutto affronto“».

 

Soffocato con una sciarpa o un sacchetto

Durante la requisitoria di ieri, in corte D’assise, i magistrati D’Alessio e Primicerio avevano smontato in modo categorico la dinamica sostenuta dalla Internò, ovvero che il calciatore si fosse “tuffato” sotto il camion guidato da Pisano suicidandosi. «è una versione falsa e ricade come un macigno sulle sue spalle. Perché se ho assistito alla morte di una persona e fornisco un racconto di quella morte smentito dalle prove scientifiche, allora ho interesse a nascondere la verità».

«Il corpo era già disteso a terra» hanno sottolineato i PM «Denis Bergamini fu asfissiato con una sciarpa o un sacchetto o con una manovra con le mani fatta da dietro da almeno due persone e solo successivamente adagiato sull’asfalto dove fu sormontato parzialmente dal camion». Luca Primicerio aveva anche aggiunto che «i periti medico-legali che hanno effettuato nel 2017 gli esami sul corpo di Bergamini, ci dicono che il calciatore è stato vittima di una asfissia meccanica violenta, prima che il camion di Raffaele Pisano lo sormontasse».

“Versioni della Internò e Pisano false. Bergamini era già morto prima dell’arrivo del camion”

«Quindi le versioni di Internò e Pisano sono completamente false. Bergamini era già morto prima che il camion arrivasse. Sempre nel 2017 – aveva ricordato ancora Primicerio – vennero effettuati 101 prelievi sul corpo straordinariamente corificato di Bergamini e i periti hanno condiviso tutte le attività, anche quella sull’esame della glicoforina. Tutti gli esami dei periti parlano di compatibilità del corpo di Bergamini con asfissia da compressione con un mezzo soft, probabilmente una sciarpa o un sacchetto che può non lasciare segni sul collo o anche con una manovra delle mani fatta da dietro».

 

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