“Per un’ora d’aria”: l’omicidio di Sergio Cosmai, direttore del carcere di Cosenza, su Rai1 a “Cose Nostre”
Ucciso per il suo irreprensibile ruolo di direttore. Ieri sera, su Rai1 una puntata del programma “Cose Nostre" ha raccontano la vicenda di Sergio Cosmai, direttore del carcere di Cosenza assassinato dalla nel 1985
COSENZA – Per un’ora d’aria” è il titolo della puntata del programma “Cose Nostre” che ieri sera ha raccontato la storia di Sergio Cosmai, il giurista che ha guidato il carcere di Cosenza (aperto all’epoca da pochi mesi) imponendo da subito “il rispetto delle regole in uno dei penitenziari più turbolenti d’Italia. Ma nel giugno ’83, durante la protesta dei detenuti per ottenere un’ora d’aria supplementare, rifiuta di piegarsi alla sfida lanciatagli da uno dei boss della ‘ndrangheta cosentina: una scelta che pagherà con la vita“. La ricostruzione dell’intricata vicenda giudiziaria del suo omicidio è affidata all’ex procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo e al giornalista esperto di ‘ndrangheta Arcangelo Badolati. Il ritratto dell’uomo di Stato, ma anche del marito e padre amorevole rivive invece nelle parole della vedova di Cosmai, la professoressa Tiziana Palazzo che ripercorre quei tragici momenti.
Era il primo pomeriggio del 12 marzo del 1985 quando il direttore del carcere di Cosenza, venne raggiunto da undici proiettili calibro 38 che lo colpirono alla testa. Cosmai, con la sua 500 gialla, stava percorrendo la strada che collega il quartiere Roges di Rende a Cosenza (oggi la via porta il suo nome) per prendere dall’asilo la figlia Rossella di appena 3 anni. Un’auto si affiancò alla sua e la crivellò di colpi. Venne immediatamente soccorso ma morì il giorno seguente durante un disperato viaggio verso l’ospedale di Reggio Calabria. Un mese dopo sarebbe nato il suo secondogenito. Dal giorno della sua morte ogni anno viene ricordato all’interno della Casa Circondariale (che porta il suo nome) e dove sorge un monumento in memoria del giurista assassinato dalla ‘ndrangheta. “La figura di Cosmai è stata a lungo dimenticata. Ci vorranno, infatti, decenni prima di individuare gli esecutori e il mandante del suo omicidio e per recuperare la memoria di un servitore dello Stato che, come recita la motivazione della medaglia d’oro al valore civile assegnatagli nel 2017, “ha immolato la sua vita ai più nobili ideali di legalità e di giustizia“.
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Per l’omicidio la Corte d’assise di Trani condannò all’ergastolo Nicola e Dario Notargiacomo e Stefano Bartolomeo, arrestati quasi immediatamente dopo l’omicidio dall’allora Capo della Squadra Mobile di Cosenza, Dott. Nicola Calipari. In appello, tuttavia, gli assassini furono assolti per insufficienza di prove. Nel 1991, Stefano e il fratello Giuseppe Bartolomeo furono assassinati dopo aver cercato di mettersi in proprio, rendendosi autonomi dal Perna. I fratelli Notargiacomo, invece, divenuti collaboratori di giustizia, confessarono l’omicidio, facendo luce sulle relative dinamiche. Ciononostante, rimasero impuniti perché già precedentemente assolti per lo stesso reato con sentenza passata in giudicato. A seguito dell’Operazione Missing del 2012, che portò alla riapertura di diversi casi rimasti irrisolti, la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro confermò la sentenza di primo grado all’ergastolo per il mandante dell’omicidio, Franco Perna. Ergastolo confermato successivamente in Cassazione.
Sergio Cosmai: ucciso perché non si piegò alla ‘ndrangheta
Ucciso perchè non si piegò alla ‘ndrangheta. Appena divenuto direttore, Cosmai, aveva compreso che la permeabilità era uno dei problemi delle strutture carcerarie, non accettando che ci potesse essere traffico di sostanze stupefacenti e di armi. Fu anche un esempio per la sua capacità di indebolire chi voleva stabilire gerarchie criminali anche in un carcere e quando decise che il supplemento dell’ora d’aria non era un diritto ma un privilegio che i detenuti dovevano guadagnarsi. La sua presenza, nelle vesti di direttore, aveva segnato il tramonto di tutti i privilegi concessi ai detenuti che erano esponenti di spicco della criminalità organizzata. Fece trasferire alcuni detenuti per indebolirne il potere esercitato sul territorio di appartenenza, ostacolò molte concessioni dì semilibertà.
Fra l’altro scoprì che la moglie di un detenuto aveva ottenuto l’esclusiva della fornitura di generi alimentari proprio al carcere. L’appalto venne revocato, il marito della donna, naturalmente, fu trasferito. In particolare, tra gli interventi messi in atto per
ristabilire l’ordine nella struttura di Cosenza ci fu quello della mancata concessione dell’ora d’aria supplementare chiesta dai detenuti calabresi. A questa decisione, il 21 giugno 1984, seguì una violenta protesta dei detenuti, subito sedata, a cui fece seguito la proposta del Dott. Cosmai di incontrare una loro rappresentanza. Fu in quel momento che l’allora capo indiscusso della criminalità locale, Franco Perna, capo dell’omonima ‘ndrina e che pare continuasse a esercitare il suo potere pur stando in cella, rifiutò l’offerta e contro-rilanciò chiedendo che fosse il direttore ad andare da lui. Sergio Cosmai rifiutò l’invito di Perna e fu proprio a seguito di quel rifiuto che venne decisa la sua condanna a morte.