Rende: appropriazione indebita, assolta presidente di un’associazione per le vittime di violenza
Il procedimento era partito con la querela di una signora contro la donna e il suo compagno, per l’appropriazione indebita di tremila euro
RENDE – La presidente di un’associazione a tutela delle donne vittime di violenza di genere, e il suo compagno anch’egli volontario, erano stati querelati da una signora per l’appropriazione indebita di tremila euro. L’Associazione, sita a Rende, oggi in quiescenza, operava in tutta la provincia offrendo gratuitamente supporto alle donne vittime di uomini violenti mediante uno sportello di ascolto, l’ausilio psicologico, la tutela legale e la collaborazione logistica, anche accompagnando fisicamente le donne maltrattate a denunciare i loro persecutori.
I fatti
Nel 2019 Luana (nome di fantasia), vittima di maltrattamenti, ha, tra le tante altre richieste di aiuto all’Associazione, domandato alla Presidente, S.I. classe 1969, di custodirle la somma di tremila euro per paura che il suo ex fidanzato violento potesse appropriarsene. Liberatasi dell’uomo, poi effettivamente condannato per maltrattamenti, ha prima chiesto indietro qualche centinaio di euro per le proprie spese quotidiane ed infine l’intera somma di denaro lasciata in custodia all’Associazione.
Il compagno della Presidente, D.M. classe 1968 e volontario dell’Associazione, ha preteso una scrittura privata sia dell’accordo iniziale, che, successivamente, della restituzione di denaro, raccogliendo tutte le volte come quietanza la firma di Luana. Dopo aver chiesto ed ottenuto la restituzione di gran parte dei suoi soldi, Luana ha smesso di rispondere alle chiamate della Presidente ed ha fatto quindi perdere le sue tracce all’Associazione, ma per non lasciare insolvenze, pensando di chiudere la vicenda, l’Associazione ha deciso di consegnare la piccola somma di denaro residua al fratello di Luana, che era la persona più vicina alla stessa. All’associazione non sapevano però che la donna avrebbe sporto denuncia per appropriazione indebita provocando le immediate indagini della Polizia e la doverosa richiesta di rinvio a giudizio da Parte della Procura della Repubblica di Cosenza a carico della Presidente e del suo compagno.
Il procedimento penale
Il processo è iniziato il 17 novembre del 2023 ed è durato quattro udienze, sono stati sentiti i due poliziotti che hanno svolto le indagini, la persona offesa che si è costituita parte civile, e i due imputati, per concludersi all’ udienza del 21 gennaio 2025 con le discussioni delle parti. I difensori degli imputati hanno fatto emergere le molteplici contraddizioni nelle dichiarazioni della parte civile. Solo per citarne alcune, la parte civile inizialmente ha dichiarato di aver consegnato il denaro alla Presidente dell’Associazione, invece successivamente ha modificato versione affermando di aver affidato i suoi soldi al compagno della Presidente.
Anche il coinvolgimento del fratello di Luana è stato determinante e motivo di dubbio: per la parte civile il proprio fratello non ha mai ricevuto denaro dall’Associazione. Gli imputati hanno invece dichiarato di aver consegnato al fratello di Luana alcune somme di denaro ed a sostegno dei loro argomenti hanno presentato una quietanza di pagamento con le firme del fratello di Luana. In aula è sorto, dunque, un dubbio sul perché la parte civile non ha citato come testimone il suo stesso fratello che avrebbe potuto smentire ogni argomento. E’ venuta meno la credibilità del racconto della parte civile, che prima ha firmato una quietanza per dichiarare di aver avuto indietro il suo denaro, e subito dopo ha deciso di sporgere querela per appropriazione indebita.
La sentenza di assoluzione
La Dott.ssa Stefania Antico, in accoglimento delle richieste degli avvocati Ambrogio Aloe, per il volontario D.M., e Mario Alberelli per la Presidente dell’Associazione S.I., entrambi del Foro di Cosenza, ha pronunciato sentenza di assoluzione, ai sensi dell’art. 530 comma secondo, del codice di procedura penale perché il fatto non sussiste. L’avv. Mario Alberelli ha sottolineato che in soli 14 mesi è stato garantito un giusto processo penale , evitando di far vivere un “lungo incubo giudiziario” a due cittadini di specchiata onestà, che, con coraggio e abnegazione, si sono sempre prodigati per la difesa delle donne maltrattate.