Bioraffineria, inaugurato il ‘giacimento di metano’ di Rende tra le proteste dei residenti (FOTO)
Fischi indirizzati al governatore della Regione Calabria Mario Oliverio che non ha inteso parlare con i cittadini. L’impianto, secondo i tecnici di Calabra Maceri, accelera il processo di formazione naturale del metano e non produce esalazioni nocive
RENDE (CS) – E’ stata inaugurata ieri a Rende la bioraffineria di Calabria Maceri. Al taglio del nastro, oltre agli ingegneri e ai titolari della società della famiglia Pellegrino, erano presenti anche il sindaco di Rende Marcello Manna e il governatore della Regione Calabria Mario Oliverio. Una serie di eventi e visite guidate hanno animato la giornata inaugurale della bioraffineria che, entrata in funzione a fine agosto, a partire da oggi produrrà a contrada Lecco ben 480 metri cubi di biometano al giorno. Combustibile estratto attraverso un biodigestore dalla lavorazione quotidiana di almeno 100 tonnellate di rifiuti organici. Gli odori provenienti dall’impianto hanno allarmato i residenti che si trovano tra Calabra Maceri, i laghi dell’ex Legnochimica, il depuratore di Coda di Volpe, la centrale a biomasse e la fabbrica di peptina costretti a vivere in quello che ormai è stato definito il ‘quadrilatero dei veleni’. L’azienda, che tratta nella zona industriale di Rende l’equivalente dei rifiuti che verrebbero annualmente sversati in cinque discariche, nell’illustrare il funzionamento della bioraffineria ha però affermato a più riprese che i cattivi odori non sono nocivi e che si sviluppano ‘solo’ dalle 8:00 alle 15:00 quando i camion scaricano i rifiuti organici nell’ex capannone di Legnochimica per il trattamento aerobico. La produzione del biometano sarebbe per Calabra Maceri la semplice accelerazione di un processo esistente in natura che dà vita ai giacimenti. Affermazioni che non hanno convinto i residenti e alcuni ambientalisti che si sono ritrovati ai cancelli dell’azienda per protestare contro l’apertura dell’impianto chiedendo, invano, di poter essere ascoltati dal presidente della Regione Oliverio.
COME SI PRODUCE IL BIOMETANO
“Acceleriamo il processo di formazione del metano – ha spiegato un ingegnere durante la visita guidata all’impianto – che avviene in milioni di anni. Un fenomeno che nelle discariche si manifesta regolarmente e induce a bruciare nelle torce il metano prodotto senza che sia riutilizzato. Dal 28 Agosto Calabra Maceri ha una sua bioraffineria. La lavorazione è ora divisa in due sezioni. L’ex capannone della Legnochimica fa il trattamento aerobico del rifiuto, cioè crea compost dall’organico della raccolta differenziata dopo averlo triturato, deplastificato, mandato nelle platee di biostabilizzazione, trattato per eliminare i germi patogeni e venduto come ammendante compostato per l’agricoltura. La nuova linea invece trasforma i rifiuti organici in biometano. Gas che si raccoglie in due grossi dirigibili posti sul tetto chiamati gasometri. I rifiuti organici ùin questa lavorazione vengono deplastificati, mandati in un grosso scatolone e poi dai gasometri incanalati nell’impianto di raffinazione, infine il biometano entra nella Snam, l’anidride carbonica prodotta va al biofiltro.
Dai controlli della Snam abbiamo avuto un positivo riscontro: il nostro biometano è più puro di quello che importiamo dall’Algeria. E’ come se qui a Rende avessimo un nostro giacimento. Mediamente circa un terzo dell’organico raccolto è usato per produrre metano. Riceviamo quasi quotidianamente circa 300 tonnellate di rifiuto organico dalla differenziata: 240 tonnellate seguono il processo per diventare compost, 60 vengono immesse nel biodigestore. Oggi stiamo lavorando 60/70 tonnellate, a regime saranno 110/120 tonnellate quando verrà aperta l’altra sezione del biodigestore. Tramite due pompe i rifiuti vengono immessi nella linea anaerobica. Il cuore dell’impianto è infatti un motore da soli 22 kilowatt con una pala dentata all’interno che, girando lentamente, non fa sedimentare il residuo evitando che si creino ‘tappi’. Trasformato in materia gassosa finisce nei dirigibili, da lì passa all’interno di un una sorta di ‘missile’, un dispositivo per il trattamento che elimina tutti i gas che potrebbero ‘sporcare’ il metano o corrodere le tubature.
Il passaggio successivo avviene in un cubo frigo in cui si abbassa la temperatura da 34° a 3° e si deumidifica il biometano. La condensa raccolta va al depuratore, il resto depurato dal vapore acqueo, attraverso condutture sotterranee è portato in una soffiante che lo comprime, lo filtra e lo invia nell’impianto che raffina il biometano eliminando anidride carbonica e ossigeno. Da lì viene trasferito nella centralina della Snam che ne controlla la purezza e, se il livello è sufficiente, lo inizia a distribuire nelle stazioni per il rifornimento di autovetture. Il monitoraggio è continuo. Snam infatti chiede metano purificato al 99%. Se tale qualità non è rispettata il biometano viene immesso di nuovo in circolo nell’impianto finché non raggiunge il grado di purezza desiderato. Il nostro obiettivo futuro – conclude l’ingegnere soddisfatto – è recuperare anche l’anidride carbonica”.
RISCHIO ESPLOSIONE
All’inaugurazione erano presenti anche gli ingegneri della Biogas Engineering che hanno progettato il sistema. “L’impianto – hanno chiarito – è stato concepito per avere pochi rischi di esplosione. In ogni caso non si tratterebbe della deflagrazione di una bomba, ma di una scintilla che al massimo, in casi estremi (dovrebbero essersi addormentati tutti gli operai per almeno quattro giorni di seguito) farebbe volare il tetto in aria di 5/6 metri. Per evitare ciò abbiamo istallato tre sistemi di sicurezza: il primo è la torcia accesa nei primi giorni perché ancora si bruciava il metano che non era stato immesso in rete, il secondo è la guardia idraulica e il terzo sono le due valvole che permettano in emergenza di far fuoriuscire il metano prodotto in eccesso evitando disagi”.
LA PROTESTA DEI RESIDENTI
Fuori dai cancelli dell’azienda prima del taglio del nastro ad accogliere le istituzioni tra i fischi è stato un gruppo di manifestanti. Residenti e ambientalisti hanno chiesto di poter essere ascoltati dal governatore della Regione Calabria Mario Oliverio che però ha preferito ignorarli. Al contrario invece il sindaco di Rende Marcello Manna si è avvicinato ai cittadini in protesta tentando di placare gli animi. Anche uno dei titolari dell’azienda Attilio Pellegrino, accompagnato dall’assessore all’Ambiente del Comune di Rende Domenico Zicarelli ha raccolto le lamentele dei residenti per l’aggravarsi delle esalazioni maleodoranti. I due hanno interloquito con i manifestanti cercando di minimizzare sull’influenza dell’impatto odorigeno del biodigestore nella percezione dei cattivi odori diffusi nell’intera area industriale e nei quartieri limitrofi. Contestato anche il parroco che ha benedetto l’impianto il quale dopo un’accesa discussione si è fermato davanti i cancelli della Calabra Maceri è ha pregato per i manifestanti. “Vogliamo farci sentire – afferma Teresa Sirianni dei comitati Romore e Crocevia – siamo stati zittiti più volte e derisi. Pare che la puzza la sentiamo solo noi in questa zona industriale che negli anni è stata impoverita sempre di più. L’amministrazione comunale purtroppo non ci viene incontro per questo noi manifestiamo per sollevare l’attenzione sui problemi che recano i miasmi di cui non conosciamo le conseguenze sulla salute umana. Cattivi odori continui che abbiamo imparato a riconoscere distinguendo i miasmi dei reflui fognari non depurati o dei rifiuti in fermentazione. In un impianto che funziona il cattivo odore, a priori, non si deve percepire. Chiediamo che venga cambiato il piano Regionale dei rifiuti perché Rende è ormai diventata la discarica della Calabria e non possiamo accettarlo”.
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