Riformare i piccoli comuni calabresi, Aiello «fusioni potrebbero preservare le identità locali»

L'appello del prof. Francesco Aiello, ordinario di Politica Economica all'UniCal e presidente di OpenCalabria dopo le dichiarazioni del governatore ieri a Catanzaro. "Gli attori politici tendono di fatto a opporsi alle fusioni, temendo una perdita di potere dovuta alla riduzione delle cariche per sindaci e assessori"

RENDE – “Nell’incontro di ieri a Catanzaro sull’ordinamento degli enti locali, il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha sottolineato l’urgenza di riformare l’assetto istituzionale e amministrativo dei comuni calabresi, evidenziando come la frammentazione degli enti locali limiti l’efficacia nell’offerta dei servizi pubblici. La presenza del Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha sottolineato ulteriormente l’importanza di affrontare queste problematiche, aprendo a discussioni su come promuovere il miglioramento della capacità amministrativa degli enti locali. Gli interventi di Occhiuto e del Ministro Piantedosi si inseriscono nell’ampio dibattito sull’efficacia e l’efficienza dei servizi pubblici offerti dai comuni”. Si apre così la corposa riflessione del prof. Francesco Aiello che sottolinea come “questi temi hanno ottenuto crescente attenzione tra i ricercatori e le istituzioni”.

Il ‘caso’ Calabria

Limitatamente al caso della Calabria, si è rilevato che ben 258 comuni, più del 60% del totale, sono classificabili come “sotto livello“, poiché registrano un’offerta di servizi e una spesa effettiva inferiori alle soglie standard. Questi comuni hanno una dimensione media di circa 39 km² e assorbono il 67% del territorio regionale. Inoltre, la popolazione media di questi comuni è inferiore a 5.000 residenti, il che significa che il 64% della popolazione calabrese vive in aree in cui gli enti locali spendono poco e offrono servizi al di sotto degli standard. Pochissimi comuni calabresi mostrano un potenziale comportamento virtuoso, offrendo più servizi e spendendo meno dello standard. L’inefficienza sistemica nell’offerta di servizi riguarda tutti i territori della Calabria, sebbene sia relativamente più marcata nelle province di Reggio Calabria e Crotone”.

“All’interno di questo quadro generale, particolare attenzione meritano i comuni piccoli e di montagna, poiché affrontano difficoltà aggiuntive nella gestione delle risorse e nell’erogazione di servizi. La causa è l’impossibilità di sfruttare le economie di scala, che, insieme alle risorse umane e finanziarie insufficienti, incidono sul progressivo indebolimento del ruolo degli enti comunali”.

Fusione dei comuni di piccole dimensioni

“È per tali ragioni che, per ottimizzare l’uso delle risorse e migliorare l’efficienza dei servizi, è essenziale promuovere fusioni tra comuni di ridotte dimensioni. Peraltro, l’analisi delle distanze tra i comuni calabresi indica che 131 coppie di comuni (232 unità amministrative) sono distanti meno di 5 chilometri. Questa prossimità geografica offre un’opportunità unica per rivedere l’assetto amministrativo, facilitando la gestione dei servizi senza la necessità di investire in nuove infrastrutture di collegamento tra i centri urbani. In questo contesto, le fusioni potrebbero preservare le identità locali e le specificità culturali, contribuendo a costruire una governance più robusta. Un esempio emblematico è quello di Casali del Manco, un nuovo comune nato dalla fusione di cinque piccoli comuni vicini, che dimostra come, nel medio periodo, queste iniziative possano generare risultati positivi”.

“Ristrutturazione necessaria. La resistenza alle fusioni legata a dinamiche politiche”

“Sulla base di queste considerazioni – sottolinea ancora il presidente di Open Calabria – appare chiaro che non ci sono ragioni economiche che ostacolino le fusioni tra piccoli comuni. Infatti, la teoria economica e l’analisi dei dati suggeriscono che aggregare i comuni di dimensioni ridotte, creando nuovi enti con una popolazione di circa 12.000 abitanti, sarebbe molto vantaggioso. Questa ristrutturazione è necessaria, poiché il territorio della Calabria non può più essere gestito da comuni con capacità amministrativa limitata. Tuttavia, gli ostacoli alle fusioni provengono spesso dalle popolazioni locali, che temono di perdere la propria identità, sebbene questo timore sia infondato, poiché si tratta solo di cambiare il modello organizzativo delle comunità. È, altresì, importante notare che le resistenze alle fusioni derivano anche da dinamiche politiche locali. L’esperienza dimostra che gli attori politici tendono di fatto a opporsi alle fusioni, temendo una perdita di potere dovuta alla riduzione delle cariche per sindaci e assessori”.

“In questo contesto, l’istituzione di un osservatorio permanente presso la Regione Calabria potrebbe offrire assistenza tecnica ai piccoli comuni, favorendo così la consapevolezza degli effetti potenziali delle fusioni. È, inoltre, fondamentale che la riforma degli enti locali sia facilitata dalla Regione Calabria con una chiara regolamentazione legislativa e con fondi regionali aggiuntivi rispetto a quelli nazionali, come già avviene in altre regioni italiane. L’invito al Presidente Occhiuto è di fare proprie queste proposte, rendendo disponibili nel bilancio regionale risorse dedicate alle fusioni e promuovendo attivamente l’osservatorio permanente. Questi interventi sarebbero cruciali per garantire un’amministrazione efficace e reattiva alle esigenze delle comunità locali”.

“Riconsiderare gli assetti istituzionali è, quindi, cruciale. Il numero elevato di sindaci e comuni – conclude il prof. Aiello – porta a una gestione inefficace delle risorse, evidenziando l’urgenza di ristrutturare il sistema di gestione e amministrazione del territorio. In linea con le dichiarazioni di Occhiuto, è necessario affrontare la frammentazione amministrativa e migliorare la governance locale come passi necessari per adottare nuovi modelli organizzativi delle comunità e dei territori estremi della Calabria. Solo un impegno concertato e una visione a lungo termine possono contribuire a superare le attuali difficoltà dello spopolamento che impera in Calabria.

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