“Testa del Serpente”: a Cosenza estorsioni e usura con metodi feroci: 11 condanne in appello
Corte di Appello di Catanzaro, presieduta da Antonio Giglio, ha emesso ieri pomeriggio la sentenza sugli imputati nel cosiddetto processo "Testa di Serpente"
CATANZARO – La Corte di Appello di Catanzaro, presieduta da Antonio Giglio, ha emesso ieri pomeriggio la sentenza sugli imputati nel cosiddetto processo “Testa di Serpente” nei confronti degli imputati che avevano scelto il rito ordinario. Processo scaturito dall’omonima operazione congiunta di Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di due gruppi criminali operanti a Cosenza (italiani e zingari).
La confederazione tra clan degli “italiani” e quelli degli “zingari, si esplicava nello spaccio di droga ma anche nelle forme classiche delle minacce e delle intimidazioni a imprenditori e commercianti, sottoposti a un racket “condotto a tappeto, a macchia d’olio su tutto il territorio. Le condotte venivano poste in essere dagli indagati avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento ed omertà delle vittime allo scopo di favorire le cosche “Lanzino-Rua’-Patitucci” e quella degli “Zingari” riferibile alla famiglia Abbruzzese alias Banana. Una sorta di confederazione, estremamente brutale e aggressiva quando si trattava si tratta di regolare i rapporti criminali (a esempio, contrasti nello spaccio della droga) ma anche vicende personali, come transazioni economiche o acquisti di terreni.
La spartizione tra i due gruppi era frutto di un accordo forte e i proventi delle attività delittuose finivano nella cosiddetta ‘bacinella’ dei clan. L’attività estorsiva determinava introiti importanti per le casse della criminalità organizzata e rappresentava di conseguenza un modo per estrinsecare in maniera evidente, il controllo ferreo del territorio cosentino. Infine, venne anche acclarata la grande disponibilità di armi, con un sequestro avvenuto alcuni mesi prima del blitz in una palazzina di via Popilia.
Le 11 condanne e le 4 assoluzioni
Ieri la sentenza nei confronti degli imputati, che hanno optato per il rito ordinario. La pm aveva chiesto di confermare tutte le condanne emesse al termine del processo di primo grado. Dopo la camera di consiglio sono state emesse 11 condanne e 4 assoluzioni: Marco Abbruzzese a 15 anni e 3 mesi di reclusione, Luigi Abbruzzese a 12 anni e 8 mesi, Nicola Abbruzzese a 12 anni e 8 mesi, Antonio Marotta a 9 anni e 6 mesi, Franco Abbruzzese a 8 anni e 7 mesi, Antonio Abruzzese a 7 anni e 6 mesi, Claudio Alushi: 7 anni e 8 mesi, Antonio Bevilacqua a 6 anni e 7 mesi, Adamo Attento a 6 anni e 2 mesi, Giovanni Drago a 2 anni e 8 mesi e Alberto Turboli a 1 anni e 5 mesi. Assolti Andrea Greco, Francesco Casella, Domenico Iaccino e Pasquale Paco Germano.