Raffica di licenziamenti a maggio dopo dieci anni di precariato. La necessità di sostenere le proprie famiglie costringe gli operatori ad accettare condizioni aberranti pur di mantenere il ‘posto di lavoro’
CATANZARO – «Il cappio al collo dei lavoratori del call center di Abramo – afferma in una nota il sindacato USB – ogni giorno si fa più stretto, nei mesi scorsi abbiamo assistito ai licenziamenti dopo dieci anni di lavoro con contratti mensili. Ogni mese vi sono operatori soggetti ad elemosinare il rinnovo del contratto di lavoro. Contratti senza diritti e senza dignità per le persone cui ‘bisogno’ di sostenere le famiglie li spinge ad accettare condizioni di precarietà riprovevoli. Famiglie che al posto della serenità lavorativa trovano capi e capetti dietro le spalle addetti solo a vessare. Uomini e donne che provano a vivere nel mondo dei contratti atipici con turni improponibili e nessun diritto. Lavoratori sottoposti a turni con obbligo di prendere servizio nelle fasce orarie stabilite dall’azienda Abramo, dove il tempo della prestazione lavorativa non è più deciso dal lavoratore atipico o da una organizzazione del lavoro concertata, ma dal committente/datore di lavoro.
Vorremmo sempre ricordare che i precari del call center hanno dignità di persone, e non possono essere lo strumento nelle mani dei ‘padroni’ dove prevalgano solo ed esclusivamente i loro interessi. In questi giorni portiamo avanti la battaglia di dignità per questi lavoratori a cui verbalmente è stato annunciato che dopo la precarietà decennale da maggio passeranno all’asservimento più totale all’azienda, con orario di lavoro, sempre a turni stabiliti di 4 ore, ma solo su tre giorni alla settimana a 7 euro all’ora circa lorde da tassare. Meno di 90 euro a settimana, 336 euro al mese, per recarsi dalla periferia di Catanzaro al sito di Settingiano. Meglio raccogliere arance a San Ferdinando, si porta a casa di più. Forse è arrivato il momento che le nostre istituzioni locali, più che da burocrati ragionino da buoni sociologi del lavoro, rileggano con lenti nuove le problematiche del lavoro per come si stanno ulteriormente evolvendo nella città di Catanzaro. Con il prosciutto sugli occhi si finisce per non vedere (o non voler vedere) i drammi reali e lo stress di intere famiglie del call center, che grazie all’isterilimento delle condizioni di lavoro stanno subendo.
Riteniamo che presa coscienza di questa realtà a Catanzaro anche della politica l’approccio culturale e sindacale verso gli operatori di call center debba cambiare. Si tratta di rifiutare le diffuse condizioni di sfruttamento che ancora vi sono, e non chiudere un occhio davanti all’uso qualche volta immorale che si fa, attraverso ricatti occupazionali, della professionalità degli operatori. Bisogna valorizzare e stimolare la coscienza individuale e collettiva di questa categoria professionale attraverso il riconoscimento, agli addetti ai call center, della loro dignità di lavoratori e professionisti, non solo quando essa viene loro negata, ma anche quando essa c’è, presente e viva, nella storia aziendale che stanno vivendo. Annunciamo nuove manifestazioni a sostegno».