Scambio elettorale e associazione mafiosa, arrestato il presidente Tallini

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Le accuse sono di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. Secondo gli inquirenti Domenico Tallini avrebbe rapporti con la cosca Grande Aracri di Cutro

 

CATANZARO – Il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini, di Forza Italia, è stato arrestato questa mattina dai carabinieri del comando provinciale di Catanzaro e  di Crotone, che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 19 persone mentre sono 25 complessivamente gli indagati.

Sono tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, tentata estorsione, ricettazione e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.

Il provvedimento è scaturito da due attività investigative convergenti, sviluppate rispettivamente dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catanzaro e del Nucleo Investigativo di Crotone, dirette e coordinate dal Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto, Vincenzo Capomolla e dai Sostituti Procuratori Paolo Sirleo e Domenico Guarascio. Le indagini hanno riguardato l’operatività della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri di Cutro (KR) nell’area di origine e nel territorio catanzarese, con particolare riferimento alle iniziative imprenditoriali avviate in quest’ultima provincia mediante il reimpiego di capitali della cosca. Tallini, esponente di Forza Italia, secondo quanto si apprende, è agli arresti domiciliari.

Farmabusiness

Le indagini hanno delineato i nuovi assetti della cosca Grande Aracri e consentito di documentare la realizzazione e l’operativa da parte degli indagati, attraverso la preliminare intestazione fittizia di beni e utilità, di una rilevante progettualità imprenditoriale tesa al reimpiego dei proventi illeciti della cosca, attraverso la costituzione di una società, con base a Catanzaro, finalizzata alla distribuzione all’ingrosso di prodotti medicinali mediante una rete di punti vendita costituiti da farmacie e parafarmacie (20 in Calabria, 2 in Puglia e 1 in Emilia Romagna).

Secondo gli inquirenti Tallini, avrebbe fornito supporto alla consorteria, specie nella fase di avvio  del progetto imprenditoriale e il suo intervento sarebbe stato  contraccambiato con il sostegno della cosca alle elezioni regionali del novembre 2014.  Tallini sarebbe stato decisivo per favorire e accelerare l’iter burocratico inziale per ottenere le necessarie autorizzazioni. Le indagini hanno consentito di ricostruire anche alcuni episodi intimidatori, legati alla realizzazione dell’iniziativa imprenditoriale del sodalizio ma anche a scopo estorsivo.

L’operazione è stata condotta anche in provincia di Reggio Emilia dove, è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di uno degli indagati che dimorava nel reggiano. Nei confronti di quest’ultimo sono stati contestati i reati di associazione di tipo mafioso e detenzione illegale di armi. I fatti contestati sono stati commessi a Cutro (Crotone).

Il ruolo delle mogli ai vertici del clan

Quando gli uomini sono finiti in carcere le donne hanno preso in mano la cosca Grande Aracri. In particolare la moglie e la figlia del boss Nicolino Grande Aracri, Giuseppina Mauro ed Elisabetta Grande Aracri (finite in carcere), ma anche della consorte di Ernesto Grande Aracri, Serafina Brugnano (indagata). Le tre donne avrebbero avuto il controllo del clan di Cutro durante il periodo di detenzione dei rispettivi mariti.

Tre donne capaci di “rappresentare e restituire le figure apicali dell’organizzazione, provvedendo a dare disposizioni e direttive agli associati nella pianificazione delle attività illecite, anche in ragione delle indicazioni provenienti dai congiunti detenuti”. Secondo gli inquirenti, le tre donne “provvedono a gestire gli introiti della consorteria mediante la materiale ricezione di danaro da parte delle figure imprenditoriali di riferimento della cosca, quali i cugini Gaetano Le Rose e Giuseppe Ciampà”. Loro sarebbero intervenute infine, “nei confronti degli altri sodali al fine di eludere le investigazioni, allorquando le stesse si indirizzano all’apprensione di armi costituenti il potenziale militare della consorteria”.

I NOMI

In carcere:

Castagnino Santo (25.09.1962)
Ciampà Giuseppe (17.01.1978)
Grande Aracri Elisabetta (09.08.1982)
Grande Aracri Salvatore (10.06.1986)
Grande Aracri Salvatore (18.10.1979)
Le Rose Gaetano (11.12.1972)
Mauro Giuseppina (31.05.1954)
Opipari Pancrazio (28.10.1975)
Romano Salvatore Francesco (13.11.1988)
Scozzafava Domenico (21.06.1981)
Villirillo Leonardo (20.08.1967)

Agli arresti domiciliari:

Barberio Pasquale (02.07.1945)
De Sole Paolo (06.08.1974)
Tallini Domenico (29.01.1952)
Sisca Raffaele (22.05.1972)
Grande Aracri Domenico (02.12.1965)
Aprile Tommaso Patrizio (01.02.1965)
Sabato Maurizio (04.03.1966)
Gallelli Donato (27.06.1975)

Gli altri indagati:

Abramo Giovanni (21.12.1976, già detenuto)
Brugnano Serafina (18.08.1977)
De Sole Pasquale (16.11.1944)
Grande Aracri Nicolino detto “Mani i gumma” (20.01.1959, già detenuto)
Iiritano Lorenzo (10.08.1959)
Le Rose Gaetano (07.05.1975)

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