Cristina Mazzotti: la 18enne sequestrata e chiusa in una buca. A processo 4 imputati legati alla ‘ndrangheta

Dopo 49 anni dall'atroce morte della giovane, a processo 4 imputati legati alla 'ndrangheta del Nord e ritenuti esecutori materiali del sequestro di persona

COMO – A oltre 49 anni di distanza, domani in Corte di Assise a Como si riapre il processo sul sequestro e l’omicidio di Cristina Mazzotti, la diciottenne rapita a Eupilio (Como) il primo luglio 1975 mentre rientrava a casa da una festa con amici, morta durante la detenzione 25 giorni più tardi e il cui corpo fu abbandonato in una discarica di Galliate (Novara), dove fu trovato il primo settembre di quell’anno. Cristina fu tenuta prigioniera all’interno di in una buca di un garage, da cui usciva all’esterno un  piccolo tubo di plastica di appena 5 cm per respirare. Venne nutrita dalla sua carceriera, Loredana Petroncini, con due panini al giorno e le venne somministrato Valium ogni giorno. La ragazza morì in modo atroce tra il 30 luglio e il 1º agosto.

Il padre pagò il riscatto di oltre 1 miliardo

I resti del suo corpo senza vita verranno ritrovati solo nel mese di settembre nella discarica di Varallino, vicino a Sesto Calende: l’autopsia accertò che si trovava lì da almeno 40 giorni. Ci vollero alcuni mesi, seguendo a ritroso la pista dei soldi del riscatto pagato dai genitori (oltre un miliardo di lire), per catturare tutta la banda. Le indagini dell’epoca portarono il Tribunale di Novara ad emettere nel 1977 a 13 condanne, di cui 8 all’ergastolo: tra carcerieri, centralinisti, riciclatori del secondo gruppo lombardo di fiancheggiatori. Senza tuttavia arrivare a individuare nessuno del gruppo di esecutori materiali calabresi.

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Il primo sequestro di una donna

Fu il primo sequestro di una donna e per l’intera vicenda sono state già condannate tredici persone, ma nei processi non entrarono mai gli esecutori materiali e i mandanti, questi ultimi si ritiene uomini affiliati alla ‘ndrangheta calabrese. A processo domani per il reato di omicidio come conseguenza di sequestro di persona, comparirà Giuseppe Morabito, il boss quasi ottantenne della ‘ndrangheta residente nel Varesotto, Giuseppe Calabrò detto “U’ Dutturicchio”, 70 anni, Antonio Talia, 73 anni, precedenti per armi e droga, e Demetrio Latella, 70 anni, reo confesso del sequestro.

Caso riaperto dopo la richiesta dell’avvocato Fabio Repici

Sull’auto su cui viaggiava la ragazza venne trovata un’impronta di una persona estranea, impronta che soltanto nel 2006 fu possibile attribuire a Latella, il quale confessò di avere partecipato al sequestro e fece i nomi degli altri due a processo domani. Nel 2011 tuttavia il fascicolo a carico di Latella venne archiviato. Ora è stato riaperto grazie alla richiesta dell’avvocato Fabio Repici, che assiste i familiari del giudice Bruno Caccia, ucciso da un agguato di ‘ndrangheta a Torino nel 1983. Nell’inchiesta Caccia era stato coinvolto Latella, la cui posizione fu poi archiviata. Il legale, cercando informazioni su Latella, si imbattè nella vicenda Mazzotti e, ritenendo non fondate le ragioni dell’archiviazione nell’inchiesta sul rapimento, chiese la riapertura del caso, che l’anno scorso è stata accolta dalla gup Angela Minerva

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