Gimbe: presentati i dati sul cancro al colon-retto in Calabria, regione ultima per gli screening
La sfida per la prevenzione parte simbolicamente dalla Calabria, in coda alla classifica delle adesioni per quanto riguarda gli screening
CATANZARO – I dati sono stati presentati dalla Fondazione Gimbe all’evento ‘Prevenzione del cancro del colon-retto in Calabria: uniti per la salute di tutti’, tenutosi al Teatro Comunale di Catanzaro. Una sfida per la prevenzione e un appello accorato partito simbolicamente dalla regione in coda alla classifica delle adesioni agli screening, e rivolto all’intero Paese.
Carcinoma per 1,1 persone ogni mille, adenoma avanzato in 5,5 persone ogni mille. Tra le persone sottoposte a screening del colon-retto nel 2022, il 4,8% è risultato positivo. In Calabria l’adesione agli screening per il cancro del colon-retto (Crc) due anni fa era appena al 2,72% contro il 28,23% italiano. Il tumore alla cervice uterina vede un tasso di partecipazione ai controlli che in Calabria si ferma al 12,29% contro il 41,23% italiano; per la mammella l’8,61% a fronte del 43,1%. Secondo Gimbe, in Calabria non sono stati identificati quasi il 96% dei carcinomi e degli adenomi avanzati. Inoltre, secondo i dati Iss, mentre in Italia, dal 2005 al 2011, la mortalità per tumore al colon-retto è calata in media del 25%, con punte del 45%, in Calabria è rimasta stabile.
“Dati particolarmente allarmanti nelle regioni del Sud”
Il cancro del colon-retto (Crc), un killer tanto pericoloso quanto troppo spesso invisibile. Parlano chiaro i dati presentati dalla Fondazione Gimbe. Durante l’iniziativa il messaggio di sensibilizzazione circa l’importanza di informarsi e fare rete tra cittadini, specialisti, strutture sanitarie e istituzioni è arrivato anche dalle testimonianze di alcuni ex malati di cancro al colon-retto. Oltre che dalla presentazione in anteprima di un documentario con il contributo di 12 gastroenterologi calabresi, che sensibilizzano l’opinione pubblica sugli stili di vita corretti per prevenire il Crc e illustrano i sintomi dai quali riconoscere la patologia. Il video è anche un viaggio nei reparti, nella formazione specialistica e nella rete di screening della regione, con un focus sull’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie diagnostiche.
Il presidente del Gimbe, Nino Cartabellotta, ha dichiarato: “I dati sugli screening sono particolarmente allarmanti nelle regioni del Sud. Questa situazione compromette la possibilità di una diagnosi precoce e di un trattamento tempestivo di tumori che, se individuati nelle fasi iniziali, potrebbero salvare molte vite. Stiamo sprecando un’opportunità cruciale per ridurre la mortalità. È indispensabile un piano straordinario che migliori sensibilizzazione e accessibilità, riportando gli screening al centro delle politiche sanitarie. Solo così possiamo tutelare la salute e il benessere della popolazione”.
“Con le tecnologie di oggi è un peccato mortale non aderire agli screening”
“Sul fronte delle tecnologie diagnostiche – ha spiegato Guido Costamagna, direttore Centro di malattie gastrointestinali Ospedale Isola Tiberina Gemelli – abbiamo a disposizione strumenti che solo qualche anno fa erano inimmaginabili. Ma il problema è l’aderenza delle persone alla prima fase dello screening per poi arrivare alla colonscopia, che comporta rischi bassissimi e altissima probabilità di trovare lesioni e rimuoverle per chi ha rinvenuto in prima battuta sangue occulto nelle feci. La sfida è italiana, non solo calabrese, anche in altre regioni i numeri della prevenzione non sono brillanti. È un peccato mortale far finta di nulla a fronte di tecnologie ormai strabilianti”.
Proprio sul tema delle innovazioni diagnostiche Guido Beccagutti, neo-direttore generale di Confindustria dispositivi medici, ha spiegato che “le tecnologie servono ai medici e questa filiera produttiva ha in Italia molte eccellenze, perché la nostra creatività si sposa ai fabbisogni del mondo clinico”. Ciò vale in tutta Italia, Calabria compresa.
Ernesto Esposito, sub-commissario alla Sanità della Regione, ha evidenziato: “È cruciale potenziare gli screening, ma è un boomerang non avere poi una rete oncologica che prenda in carico i pazienti. Come struttura commissariale, in prima battuta abbiamo aumentato gli inviti alla prevenzione di quasi il 50% e raggiunto il 72,5% della popolazione target. Se l’adesione rimane al 2% sul colon-retto, allora si tratta di un problema di consapevolezza, ecco perché abbiamo intrapreso una campagna informativa massiccia”.
“Poi bisogna colmare la carenza della medicina di prossimità: per il 2025 abbiamo previsto l’acquisto di cinque motorhome attrezzati per gli screening dei tre tumori principali, cervice uterina, mammella e appunto colon-retto. Saranno uno per provincia – conclude Esposito – in modo da raggiungere anche i piccoli centri più remoti. Infine c’è l’attività con i medici di medicina generale: nell’accordo integrativo regionale abbiamo previsto che lo screening oncologico sia istituzionale in seno alle Aggregazioni funzionali territoriali (Aft)”.