Nicholas Green, il bimbo ucciso da un proiettile in Calabria: il ricordo dopo 30 anni

Margaret e Reginald tornano in Italia per un convegno sulla donazione Ospedale Bambino Gesù ricordando quegli attimi tragici

ROMA – Nel settembre 1994 Nicholas Green era in vacanza in Italia con il padre Reginald, la madre Margaret e la sorellina Eleanor, di 4 anni. Il 29 settembre, mentre la famiglia viaggiava sull’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria diretta in Sicilia, nei pressi dell’uscita di Soriano Calabro (vicino a Vibo Valentia) la loro Autobianchi Y10 fu scambiata da alcuni “Ndranghetisti” per quella di un gioielliere locale e crivellata di colpi.

Colpito alla testa mentre dormiva sul sedile posteriore, Nicholas fu ricoverato al centro neurochirurgico del Policlinico di Messina, dove morì pochi giorni dopo, il 1º ottobre 1994. Alla sua morte, i genitori autorizzarono il prelievo e la donazione degli organi: ne beneficiarono sette italiani, di cui tre adolescenti e due adulti, mentre altri due riceventi riacquistarono la vista grazie al trapianto delle cornee.

In Italia negli ultimi 30 anni il tasso di donazione è quadruplicato

In Italia negli ultimi 30 anni il tasso di donazione degli organi è quadruplicato, passando da otto donatori per milione di abitanti nel 1994 ai 30 di oggi. E le 450 donazioni di allora sono diventate 1.700 nel 2024 mentre i trapianti sono passati da 1.498 a 4.466. Sono alcuni dati presentati durante il convegno ‘Il dono della vita’, organizzato dall’Ospedale Bambino Gesù in occasione del trentennale della morte di Nicholas Green, il bimbo colpito da un proiettile il 29 settembre del 1994 mentre era in vacanza si trovava sull’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria diretto in Sicilia.

Con un gesto che all’epoca sorprese tutti, i suoi genitori, Margaret e Reginald decisero di donarne gli organi, e oggi sono tornati nel nostro Paese. “L’agonia di quei giorni – racconta Margaret – fu una serie di duri colpi ma donare gli organi di Nicholas è stata la decisione importante più semplice che abbiamo mai dovuto prendere. Quattro mesi dopo, incontrammo i riceventi, erano tutti in buona salute. Eppure, quattro mesi prima, cinque di loro erano in punto di morte, e altri due stavano diventando ciechi”. Una di loro si chiama Maria Pia, aveva 19 anni ed era in coma per insufficienza epatica. Ma invece di morire, si svegliò con un nuovo fegato. Due anni dopo si sposò ed ebbe un figlio, che decise di chiamare Nicholas.

Da allora, i donatori hanno permesso di eseguire 92.478 trapianti in Italia. Determinante per la crescita dei numeri, che ci vedono ai primi posti in Europa, è stata la legge 91 del 1999 che ha formalizzato la Rete trapiantologica italiana. “Questa crescita – ha spiegato Giuseppe Feltrin, direttore del Centro Nazionale Trapianti (Cnt) – si deve allo sviluppo di una cultura del dono, sostenuta dalle preziose testimonianze dei familiari di donatori. Ma a fare la differenza è stata la nascita di un sistema che vede il Cnt, il Ministero della Salute e le Regioni lavorare fianco a fianco”.

Nonostante i passi in avanti, ci sono ancora forti resistenze verso la donazione dovute a poca informazione e fake news. “Nell’ultimo semestre – Maria Rosaria Campitiello, capo Dipartimento della Prevenzione del Ministero della Salute, i ‘no’ registrati dai cittadini al rinnovo della carta d’identità hanno rappresentato il 35%. Rilanciare l’appello al dono è fondamentale per dare una speranza agli 8mila pazienti che sono ora in attesa di trapianto”.

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