Poliziotto massacrato di botte da un detenuto: ennesima aggressione in carcere

La denuncia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria a Reggio Calabria: un detenuto campano in regime di alta sicurezza, senza motivo, ha aggredito l'agente

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REGGIO CALABRIA – “Un detenuto in regime di alta sicurezza, di origini campane , in mattinata, senza un giustificato motivo ha massacrato di botte un poliziotto: quest’ultimo era in una pozzanghera di sangue tanto da imbrattare i muri dell’ufficio del preposto e l’infermeria, portato d’urgenza in ospedale ha avuto 7 punti di sutura nella fronte, e si è ancora in attesa di avere i giorni di prognosi”. Lo denuncia Francesco Ciccone, segretario regionale calabrese del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.

Il Sappe chiede il 14 bis per il detenuto violento

“È da circa un mese che la direzione carceraria di Reggio Calabria ha chiesto l’allontanamento del detenuto in quanto si è reso più volte protagonista di minacce al personale arrivando addirittura a minacciare il comandante del reparto, tant’è che è destinatario di numerosi rapporti disciplinari”, prosegue il sindacalista. “Purtroppo, l’amministrazione penitenziaria, con la sua inerzia nel non trasferire il detenuto oggi conta un altro ferito tra i suoi uomini. Il SAPPE chiede subito il 14 bis per il ristretto e il trasferimento immediato in una sede lontana. Inoltre, sembrerebbe che altri detenuti facinorosi sono in attesa di essere trasferiti da Reggio Calabria ma, il DAP è assente nei provvedimenti”.

Solidarietà alla Polizia Penitenziaria di Reggio Calabria arriva anche da Donato Capece, segretario generale del SAPPE: “Per avere un carcere sempre più sicuro occorrerà pensare ad un insieme di misure e strategie che rendano la vita dei detenuti sicura, quella degli Agenti meno problematica e quella della macchina meno complessa e più efficace. Va bene la tutela dei diritti, ma si parta da quelli dei poliziotti, delle persone per bene e degli stessi detenuti che scontano la pena senza macchiarsi di nuovi crimini e reati. Ogni giorno nelle carceri italiane, per adulti e minori, succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre. Così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano”.

“Eventuali amnistie, indulti e condoni servono a poco se poi non seguono riforme strutturali: ed è dunque del tutto ipocrita invocare soluzioni del genere per fare fronte ad un problema reale che vede coinvolti in primis gli appartenenti al Corpo”, conclude Capece. “Piuttosto, servirebbe un potenziamento nell’ambito dell’area penale esterna, con contestale nuovo contesto ed impiego operativo del personale di Polizia Penitenziaria, per coloro i quali si trovano nelle condizioni previste dalle leggi. Ma, parimenti, i violenti devono essere destinati ad un regime penitenziario più rigido e severo”.

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