Procreazione Medicalmente Assistita: la situazione in Calabria a vent’anni dalla Legge 40/2004

I centri e l'emigrazione sanitaria. Il dott. Uva: «Solo una bassa percentuale di coppie infertili calabresi viene trattata nella regione. Molte coppie escono dalla Calabria. Almeno 1 coppia su 10 che si rivolge al nostro centro viene dalla Calabria»

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COSENZA – Secondo i dati raccolti dal Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita, istituito dalla legge 40/2004 presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in 20 anni i trattamenti e i tassi di gravidanza sono raddoppiati, oltre 217.000 bambini sono infatti nati grazie alla procreazione medicalmente assistita (PMA). Purtroppo, criticità peculiare dell’Italia, è che in questi 20 anni l’età media delle donne che si sottopongono a cicli di PMA è passata da 34 anni nel 2005 a 37 anni nel 2022 e la quota di donne sopra i 40 anni è passata dal 20,7% del 2005 al 34% del 2022. A fornire un quadro è il dott. Davide Uva, Embriologo Clinico e Seminologo – Biologo Nutrizionista – CMU2 in Andrologia e Seminologia.

“Proprio per questi motivi la fecondazione assistita non può più essere considerata una branca della medicina da mettere in secondo piano, dal momento che per ragioni biologiche, economiche e sociali il tasso di infertilità tra le coppie è salito in modo preoccupante, arrivando al 15%”.

Registro Nazionale PMA – Centri in Italia e in Calabria

“In Calabria risultano attivi un totale di 10 centri, di cui 5 di primo livello, 4 di secondo livello, 1 di terzo livello. Le strutture con maggiore afflusso di pazienti sono poche, e le altre eseguono pochi trattamenti. Oggi i dati disponibili, evidenziano anche una estrema variabilità nei trattamenti tra i diversi centri e tra i diversi specialisti”.

“Le tecniche di primo livello – spiega il dott. Davide Uva – inquadrano la semplice inseminazione intrauterina (IUI), mentre le tecniche di secondo livello (FIVET e ICSI) sono trattamenti in vitro più laboriosi oltre che costosi, cosi come le tecniche di terzo livello, riguardanti procedure che necessitano di anestesia generale per esempio per prelievi microchirurgici di spermatozoi direttamente dal testicolo, prelievo ovociti tramite laparoscopia. La maggior parte delle coppie che cercano una gravidanza generalmente come primo approccio si affacciano a tecniche di primo livello, che non sempre sono risolutive e di conseguenza sono costretti a rivolgersi a centri di livello superiore per avere maggiori probabilità di successo. Per quanto riguarda la situazione degli ospedali pubblici la problematica principale riguarda le lunghe attese e la possibilità di accedere al servizio con limite di età”.

“La sanità privata, specializzata in medicina della riproduzione, annulla i lunghi tempi d’attesa ed offre trattamenti più specifici, per ottimizzare i trattamenti, per esempio la diagnosi genetica preimpianto non effettuata da tutti. Fortunatamente con l’entrata in vigore del decreto tariffe, prevista per il prossimo gennaio 2025, in cui si riconosce l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita come Lea (livello essenziale di assistenza) ogni coppia ha diritto di accesso in tutta Italia”.

Emigrazione sanitaria 

“Tutto questo va ad incentivare il cosiddetto fenomeno dell’emigrazione sanitaria: solo una bassa percentuale di coppie infertili calabresi viene trattato nella regione. Io posso testimoniare che sono molte le coppie che si rivolgono al nostro centro ICSI Roma Villa Mafalda diretto dal Prof. Ermanno Greco, Presidente della Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.) tra i massimi esponenti della fecondazione medicalmente assistita, a Roma proprio per i motivi suddetti. Dai nostri dati ci risulta che almeno 1 coppia su 10 di pazienti salgono dalla Calabria”.

“Per concludere il quadro – prosegue Uva – un altro importantissimo problema riguardo la preservazione della fertilità sia maschile che femminile, perché ci sono poche banche criogeniche per garantire la crioconservazione di gameti. Per esempio in caso di onco – freezing quando un individuo è sottoposto a cure chemioterapiche, che potrebbero influire negativamente sulla fertilità; oppure quando si parla di social freezing, ovvero crioconservazione dei propri ovociti per preservare in modo programmato la propria capacità riproduttiva, ampliando la finestra temporale in cui è possibile avere una gravidanza”.

 

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