Respinta una nuova istanza, resta in carcere l’attivista curda Madjidi arrestata in Calabria

Rigettati i domiciliari per Maysoon Madjidi che dal carcere di Castrovillari è stata trasferita a Reggio: è accusata da due migranti, su 77, di essere una scafista

CROTONE – Maysoon Madjidi, l’attivista curda arrestata a Crotone il 31 dicembre 2023 con l’accusa di essere una scafista dell’imbarcazione sbarcata sulla spiaggia di località Gabella con a bordo 77 persone, resta in carcere. Il Tribunale di Crotone, che la sta giudicando, ha nuovamente rigettato la richiesta di modifica della misure cautelare dal carcere ai domiciliari. Una richiesta che la stessa imputata ha fatto nel corso di una dichiarazione spontanea al collegio penale presieduto dal giudice Edoardo D’Ambrosio a conclusione di una udienza fiume durata oltre cinque ore. Maysoon Madjidi, di 29 anni, è in carcere perché accusata da solo due migranti su 77, un iracheno e un iraniano, di essere stata l’aiutante del capitano, Akturk Ufuk, reo confesso ed a processo con rito abbreviato.

“Non sono una scafista, ero in un sotterraneo insieme ad altre persone”

“Mi accusate di aver aiutato i passeggeri durante il viaggio e poi mi dite che sono una scafista perché non li ho aiutati a sbarcare ma sono fuggita – ha detto l’imputata -. Come posso essere una scafista se sono stata costretta a stare con altre decine di persone in un sotterraneo in attesa dei camion per andare ad imbarcarci? Come posso essere una scafista se, come avete anche detto voi, ho continuato a cercare i soldi per pagarmi il viaggio fino a tre giorni prima della partenza? Ho chiesto un prestito al partito Komala, di cui io e mio fratello eravamo membri, per poter partire”.

Maysoon Madjidi, detenuta dal 1 di gennaio in carcere (prima nel carcere di Castrovillari e attualmente è a Reggio Calabria) ha ribadito la sua innocenza nell’aula del Tribunale di Crotone nella quale erano presenti anche decine di attivisti giunti a sostegno dell’artista curda. Nel corso dell’udienza sono state ascoltate le testimonianze degli operatori di polizia giudiziaria che hanno proceduto al fermo dell’imputata in base alle dichiarazioni accusatorie di due migranti che erano a bordo della barca.

Il legale di Madjidi: “Finanza incapace di trovare i due testimoni”

Il tenente della Guardia di finanza, Gaetano Barbera, all’epoca comandante del nucleo navale, ha risposto alle domande del pm, Maria Rosaria Multari, ricostruendo i fatti e ribadendo la validità delle accuse raccolte nel corso dell’indagine. Tesi che ha contestato l’avvocato Giancarlo Liberati che ha anche chiesto come mai la Guardia di finanza sia stata incapace di rintracciare i due testimoni chiave del processo, nonostante la difesa avesse fornito i loro indirizzi, mentre i giornalisti Mediaset li hanno trovati in Inghilterra e Germania: “Ci siamo attivati con il comando generale di Roma per il servizio cooperazione polizia, ma ad oggi non abbiamo contezza di dove siano”. L’avvocato ha domandato: “possibile che dei giornalisti li trovino e lo Stato italiano non ci riesca?”. Barbera ha spiegato: “La domanda dovrebbe farla a polizia tedesca, noi abbiamo comunicato tutto a Roma che poi si avvale del collaterale organo di polizia estero”.

All’ufficiale è stato anche chiesto dal presidente del Tribunale se sui telefonini degli imputati analizzati in modo profondo ci fossero video o foto che riprendono Madjidi mentre aiuta il capitano? La risposta è stata negativa. D’Ambrosio ha poi chiesto come mai sono stati sentiti solo due migranti: “Stiamo parlando del 31 dicembre – ha risposto Barbera -. Era attività che doveva fare la polizia e che è stata passata a noi perché c’era il Capodanno Rai e loro dovevano gestire l’ordine pubblico. Si è cercato di fare il massimo in quel caso. Dopo non ne abbiamo ascoltati altri perché dopo qualche giorno sono andati via”.

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